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I genuini sapori della cucina contadina di una volta? Una bufala. Nelle campagne, “una volta”, si faceva la fame: la gastronomia italiana è nata e cresciuta nelle città, nel Medioevo come nel Rinascimento. E quanto all’unità nazionale, ha fatto più Pellegrino Artusi con il suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“, bibbia di cuochi e massaie, di Garibaldi.
...il professore inglese si preoccupa di sfatare in più di un’occasione il mito della genuina tavola agreste contrapposta ai cibi di oggi.
Macché, - ribadisce pagina su pagina l’autore - la gastronomia italiana è intrinsecamente urbana. La pastasciutta è legata alla Palermo araba, mortadella e tortellini significano Bologna, le spezie parlano veneziano, la pizza Margherita è nata a Napoli e il parmigiano ha un nome che parla da solo.
Emerge fin dall’inizio il quadro di un’Italia dove lo status di ogni fascia sociale è indicato dalle pietanze.
E fuori casa? Nelle campagne, ad esempio? Fame e malattie. I contadini, ma anche la gente umile delle città, avevano una dieta basata su aglio, cipolle, fagioli, polenta e pane fabbricato con farine di qualità inferiore. Raramente, proprio in occasione delle feste comandate o di feste particolari, la carne compariva sulla tavola.