Cosa non avrei dato per una ragazza messicana! Ci pensavo tutto il tempo, alla mia ragazza
messicana. Io non l'avevo, ma le strade ne erano piene; la Plaza e il quartiere cinese n'erano
come .incendiati, e nella mia fantasia .le possedevo tutte, questa e quella [...] Per il momento
non .mi costavano niente, le principesse atzeche e maya in cui trasformavo le giovani peones
che si aggiravano per il mercato centrale o ch'entravano nella chiesa di Nostra Signora, e per
guardarle andavo persino a messa. Era un comportamento sacrilego, ma era .meglio così che
non andarci per niente; e almeno, quando scrivevo a mia madre, laggiù nel Colorado, non ero
costretto a mentire. Cara mamma, domenica scorsa sono stato a messa.
...
Mi trovavo a Spring Street, nel bar di fronte al .negozio di roba usata. C'ero andato per prendere
una .tazza di caffè con gli .ultimi cinque cent che .mi restavano. [...] Il caffè era .pessimo. Quando
mescolai la panna capii che doveva trattarsi di tutt'altro, perché l'insieme assunse una sfumatura
grigiastra e il gusto mi parve quello della risciaquatura di stracci. La cosa m'irritò perché, per quel
caffè, avevo speso i miei ultimi cinque cent. Mi guardai attorno in cerca della ragazza che m'aveva
servito. [...] Finalmente si voltò e io la chiamai con un cenno.
Mi prestò poca attenzione, ma spalancò gli occhi assumendo un'espressione di infastidita indifferenza.
A parte .il contorno del viso e il candore dei denti, non era bella. [...] Aveva il naso .degli indios, piatto,
con le narici larghe. Le labbra, spesse come quelle d'una negra, eran cariche di rossetto. Apparteneva
a un'altra razza, e forse ne era un esemplare pregevole, ma era troppo strana per me. Aveva gli occhi
a mandorla, la carnagione scura anche se non nera, quando camminava i seni si muovevano rivelando
la loro sodezza.
Dopo quella prima occhiata, mi ignorò. [...] Decisi di smetterla coi cenni, ma la guardai in modo tale da
non lasciarle. dubbi sul fatto che volevo che si avvicinasse. Improvvisamente gettò. indietro la testa e
scoppiò in una risata incomprensibile [...] Stava ridendo di me. C'era qualcosa nel mio aspetto, forse il
mio .viso o il modo in cui me ne stavo lì seduto, che l'aveva. divertita. Mi toccai i capelli, erano pettinati.
Passai le dita sul. colletto e sulla .cravatta, tutto a posto. Mi allungai .fino a specchiarmi .nello specchio
che stava dietro il bancone, dove vidi riflessa .la mia faccia; sicuramente pallida e preoccupata, ma non
certo buffa, e mi adirai.
Diventò un gioco. Il caffè .si raffreddò, continuò a. raffreddarsi, la panna
si raggrumò in una specie di schiuma sulla superficie, ma io non lo toccai.
La ragazza si muoveva come se danzasse, e le gambe lisce e forti sollevavano vortici di segatura ogni
volta che .le scarpe consunte scivolavano sul pavimento di marmo. Erano huarachas, quelle scarpe, ed
erano .trattenute .da lunghi .lacci di cuoio .attorno .alle caviglie. Erano ridotte .in uno stato pietoso, la
fascetta .era tutta sfilacciata [...] avevo trovato .qualcosa su cui appuntare .le mie critiche. Cominciai a
fissarle, le osservai .attentamente e deliberatamente, sogghignando e ridacchiando tra me [...] rimase
molto colpita. Poco per volta tutto il suo piroettare si acquietò e lei si limitò ad andare avanti e indietro
con .aria sempre .più furtiva. Era .imbarazzata, e mi accorsi che si lanciava .delle rapide occhiate .verso
i piedi [...] La ragazza non aveva .ancora preso i soldi del caffè. Ma prima o poi avrebbe dovuto farlo, a
meno che io non me ne fossi andato lasciandoglieli .sul tavolo. Io, però, non avevo nessuna intenzione
di muovermi. Passò mezz'ora.
Finalmente puntò dritta verso il mio tavolo. Procedeva con aria orgogliosa, il mento alzato, le braccia
tese .lungo i. fianchi. - Desideri qualcos'altro? -, mi domandò. Il. grambiule bianco .odorava di .amido.
- Lo. chiami caffè, questa .roba? - le .dissi. Improvvisamente .scoppiò .di .nuovo .a ridere. Le guardai
di nuovo i piedi. Sentii .qualcosa ritrarsi, dentro .di lei. Volevo ferirla. - Forse. non è nemmeno caffè -,
soggiunsi. - Forse .è l'acqua .in cui hai fatto bollire .le tue sudice scarpe -. La fissai .negli occhi, neri e
fiammeggianti. - Forse non ci hai pensato, oppure sei sbadata di natura. Ma .se io fossi una ragazza
non .mi farei vedere in giro con .delle scarpe come quelle -. Quando finii, avevo il fiato mozzo. Le sue
labbra spesse tremavano, le mani si torcevano sotto la stoffa inamidata delle tasche. - Ti odio - disse.
- Lo spero bene -, ribattei. - Chi si merita il tuo odio non può essere che un tipo in gamba -.
A quel punto. disse una strana .cosa. La ricordo .con chiarezza. - Vorrei che ti venisse un colpo, - mi disse,
- e che .restassi lì secco, in quella .sedia -. Parve .profondamente soddisfatta, nonostante fossi scoppiato
a ridere. Si .allontanò .sorridendo. [...] Aveva ripreso. a danzare, scivolando .da un tavolo .all'altro col suo
vassoio. [...] Capii che .non sarebbe .più tornata al mio tavolo, e [...] prima .di uscire, feci .qualcosa che mi
riempì di soddisfazione. Estrassi dalla tasca la moneta da cinque cent e la posai sul tavolo. Poi ci rovesciai
sopra una buona metà del caffè contenuto nella tazza. Sarebbe stata costretta a ripulire quello schifo con
il tovagliolo. [...] Giunto .alla .porta, mi .fermai a guardarla .un'ultima volta. Aveva .ancora lo stesso sorriso.
Le indicai il tavolo con il caffè rovesciato, poi le rivolsi un cenno d'addio e uscii.
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