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da Strini il 15 giu 2009 17:02


butter_fly ha scritto resto convinta che il lavoro (anche se non so sotto quale specifica forma) sia l'unica soluzione giusta e pure umana... di disumanità ce n'è abbastanza.


Temo che il lavoro forzato sia inapplicabile, o comunque oggi molto più costoso - in termini di controlli e quant'altro - di una normale detenzione. A meno di non tornare ai bei vecchi metodi dello schiavismo, naturalmente (fruste, catene e pomeriggi a casa di fante).

P.S. Per Giugium: Il conto dei proiettili lo si manda generalmente ai parenti, almeno nelle dittature che si rispettino

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da stefanbo il 15 giu 2009 17:33


Anch'io quoto balcone.... :shock: :wink:

Peccato che i campioni di democrazia Putin e Gheddafi, meritevoli, simpaticissimi e democraticissimi :shock: :shock: :shock: capi di stato mai eletti (nè l'uno in quanto il capo DOVREBBE essere il burattino Medvedev :roll: ) e l'altro...lasciam perdere... sono accolti con tutti gli onori dai nostri attuali governanti, ma si sa, PECUNIA (e gas, ma la parola latina non c'era :lol: :lol: ) NON OLET :lol:

da Bob il 15 giu 2009 17:46


Io vorrei invece cercare di spiegare meglio cosa intendo, perchè quello che ho nel cuore e nella mente non è un sostituto nè dei lager nè del confino, nè, tantomeno, una forma di vendetta in cui costringo persone a situazioni particolarmente ostiche.
Fermo restando che non mi sono certo messo a definire nei dettagli la mia idea, visto che,comunque, non è compito mio pensarci fattivamente, io intendo semplicemente un oblio totale di un essere umano che ha dimostrato, con i fatti e la pervicacia, di essere totalmente refrattario alle consuetudini di una società civile.
Io non li mando in un posto dove si possono nutrire solo di vermi ed erbacce. Nulla in contrario a che la terra sia fertile, e il clima ragionevolmente temperato. E la zona deve garantire una certa igiene ambientale.
Ma, semplicemente, non ne voglio più sentire parlare.
SE poi, queste persone, nel prosieguo della loro vita, riusciranno a gestirsi una convivenza corretta con gli altri, bè, vorrà dire che, combinazione, ho trovato la giusta pena per una loro redenzione se non altro spirituale. Se non ci riusciranno, e finiranno accoltellati....altrettanto bé, se lo saranno meritato.
Sono il primo ad augurare loro di riuscire a dar vita ad una società bucolica e pacifica, anche se ne dubito fortemente, ma il fatto è che rifiuto di interessarmi alla cosa.
In compenso, per i primi due gradi di pena, quelli ancora recuperabili, io conterei un impegno doppio, triplo di quanto non è ora: se il condannato non è in grado di risarcire il danno sociale in modo equo, è lo stato stesso che gli procura una attività dignitosa, senza pensare ad intrecciare cesti, ma tenendo conto delle sue attitudini e dei suoi studi. Se questo lo porterà ad un inserimento proficuo e pacifico nel tessuto sociale, sarà lo stesso tessuto ad avvantaggiarsene per primo.
Insomma, i vari regimi mettevano queste persone in condizioni volutamente sgradevoli, intendendo che il confino, o il lager o quello che fosse, era da considerarsi in sè una punizione, spesso sconfinate con la condanna a morte per le pessime condizioni di vita. A me, questo non interessa: se mi si trova un isoletta caraibica favolosa, dove cade la manna dal cielo, ma da dove è impossibile scappare a meno di volare sbattendo le braccia, a me va bene lo stesso. La affittiamo dallo stato a cui appartiene, e ce li mettiamo ad ingrassare a ad abbronzarsi. Non-me-ne-frega-nulla.
Ma qui, nelle strade che frequento io, non ce li voglio.
Non so se questo è civile o meno. A me sembra di sì. O.almeno, implica un concetto di rispetto reciproco delle civiltà, che sino ad ora è mancato in qualunque legislazione. Non so: voi dite che il mio è un pensare incivile? A me sembra che lo sia meno che non sbattere in galera un giovane che ha sbagliato casualmente una volta, in mezzo a ladri ed assassini, in posti da dove, in un paio d'anni, oltra ad uscire violato nel corpo e nella mente, esce totalmente segnato e irrecuperabile. Una cosa sciocca, per di più.

"Sul vino, bevo qualunque cosa mi raccontiate, sul cibo, ci mastico abbastanza"

da capohog il 15 giu 2009 17:51


Diavolo di un Don Attilio :wink:

Domanda enigmatica ed all'inizio ero incerto che risposte volessi...
Comunque non credo nella pena di morte che non risolve granchè e non credo neanche in ulteriori inasprimenti delle pene (ti beccano tre volte a rubare il gelato e finisci all'ergastolo) anche perchè, soprattutto in Italia non c'è certezza della pena.

Far lavorare il carcerato, è indispensabile anche come forma di recupero e riabilitazione dello stesso, visto che poi il carcere (perlomeno in uno stato civile) ha il compito di riabilitare il condannato non tenerlo semplicemente lontano dalla società.

Per i crimini particolarmente abbietti esiste l'ergastolo, senza sconti di pena.
O.T.
La civiltà di un paese si misura sul suo sistema legale e quello riabilitativo, ma anche sulla sua capacità di prevenire la delinquenza, e non solo con l'interventi repressivi delle forze dell'ordine ma con l'educazione, l'impronta morale che dà ai propri cittadini ed a se stesso.

96 cubic inch of good vibs

da Bob il 15 giu 2009 17:53


capohog ha scrittoDiavolo di un Don Attilio :wink:
......................

O.T.
La civiltà di un paese si misura sul suo sistema legale e quello riabilitativo, ma anche sulla sua capacità di prevenire la delinquenza, e non solo con l'interventi repressivi delle forze dell'ordine ma con l'educazione, l'impronta morale che dà ai propri cittadini ed a se stesso.

Concordo. Su entrambe le considerazioni :lol: .
Ma la seconda è fuori topic: non era quella la domanda.

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da balcone il 15 giu 2009 17:55


L'isola in questione non è quella di Rab.....


<<Sull’isola c’era una guardia di nome Kostja Venikov, era giovane. Faceva la corte a una bella ragazza, anche lei deportata. La proteggeva. Un giorno, dovendosi allontanare, disse a un compagno. ‘Sorvegliala tu’, ma quello, con tutta quella gente intorno non riuscì a fare granché… qualcuno la prese e la legò a un pioppo: le tagliarono il petto, i muscoli, tutto quello che si poteva mangiare, tutto, tutto… avevano fame. Bisognava pur mangiare.>>

L’agghiacciante passo tratto da “L’isola dei Cannibali” non è l’incipit compiaciuto di un libro noir che per assecondare i gusti feticisti di certi lettori, indulge in particolari macabri di dubbio gusto. L’isola raccontata da Nicolas Werth, storico francese esperto di questioni sovietiche, esiste realmente. Si chiama Nazino, è un piccolo villaggio sperduto sulle rive dell’Ob’, Siberia, a 900 chilometri da Tomsk. Vera è anche la testimonianza riportata. È stata raccolta il 21 luglio 1989, proprio a Nazino, da Valerij Fast, membro di Memorial, associazione russa nata in epoca gorbacioviana allo scopo di perpetuare il ricordo delle repressioni politiche nell’URSS. A parlare è Taisa Michajlovna Čokareva, anziana contadina di etnia ostiaca, testimone oculare di questa storia di orrore, accaduta nel 1933 nel Far East sovietico. A distanza di 75 anni da questi tragici eventi, Nicolas Werth – docente di storia presso l’Institut d’histoire du temps present del CNRS ed ex addetto culturale dell’ambasciata francese a Mosca – ricostruisce, dati e testimonianze alla mano, una delle più brutali vicende dell’epoca stalinista. Un’operazione d’ingegneria sociale, pianificata dal partito e dalle forze di polizia, tesa a “epurare” e a “purificare” determinati spazi sovietici – in particolare i centri urbani, “vetrine del socialismo” – dai loro “elementi declassati e socialmente nocivi”, deportandoli nelle cosiddette “zone pattumiera” della Siberia. Nel 1933, mentre in Ucraina Stalin dà vita a una carestia pianificata che stermina milioni di ucraini, nell’estremo nord dell’Unione si assiste al trasferimento forzato di elementi “socialmente nocivi” - ex kulaki, teppisti, vagabondi, individui “declassati”- e all’inizio di una sperimentazione sociale di vera e propria “decivilizzazione”. Le migliaia di persone scaricate a Nazino trasformeranno questa isoletta sul fiume Ob’ in un autentico girone infernale. Disperati e affamati, alcuni di questi deportati cercarono la fuga nelle campagne, altri dettero l’assalto alle case dei villaggi e si trasformarono in ladri, assassini e cannibali prima di morire d’inedia o di essere sommariamente giustiziati. Questo in estrema sintesi il racconto raccapricciante di ciò che accadde in quei giorni su quest’isola siberiana. Ciò che rileva ai fini storici è collocare questo episodio all’interno delle più complesse politiche attuate da Stalin nella sua opera di sovietizzazione dell’intero paese. La tesi sposata da Werth - supportata da tante evidenze empiriche tra cui le direttive riservate inviate dal dittatore georgiano ai suoi uomini, venute alla luce grazie all’apertura degli archivi del KGB - è che il “piano grandioso” proposto all’inizio del ’33 rappresenta la seconda tappa del programma iniziato tre anni prima riguardante la “liquidazione dei kulak come classe”. Tale progetto si proponeva un duplice obiettivo.


Estirpare gli elementi che avrebbero potuto opporre resistenza alla collettivizzazione forzata delle campagne e colonizzare vaste aree della Siberia, del Grande Nord, degli Urali e del Kazakistan. La vicenda di Nazino, in misura finanche superiore ad altre tragedie dello stalinismo - scrive Werth - è una storia di arbitrio, violenza “dove tutti sono armati, la vita umana non ha valore e la caccia all’uomo quando capita, sostituisce quella agli animali”. Citando inconsciamente Hobbes, l’istruttore propagandista Velicko in una coraggiosa lettera a Stalin scriverà: “Sull’isola di Nazino, l’uomo ha cessato di essere un uomo. Si è trasformato in sciacallo”. Pietra miliare nella letteratura sul comunismo sovietico degli anni ‘30, L’isola dei Cannibali, ci impone tante riflessioni costringendoci a riconsiderare la tragica storia del ‘900. Un secolo in cui, alla luce delle evidenze provenienti dall’ex Unione Sovietica, non ha più senso parlare di “giorno della memoria” riferendosi a un singolo orrore. Il quadro è molto più complesso. Non sono più ammessi giudizi parziali.




NOTE



Nicolas Werth (1950) è uno storico francese specializzato in sovietologia

da stefanbo il 15 giu 2009 17:56


evvvvvvvvvai, Capohog for president, è riuscito a mettere d'accordo tutti :lol: :lol:
E anche il suo OT non è neanche OT a ben vedere.
Quando ho nominato le democrazie del Nordeuropa c'è da aggiungere proprio questo: educazione e impornta morale! 8)

da Strini il 15 giu 2009 18:17


capohog ha scritto Far lavorare il carcerato, è indispensabile anche come forma di recupero e riabilitazione dello stesso, visto che poi il carcere (perlomeno in uno stato civile) ha il compito di riabilitare il condannato non tenerlo semplicemente lontano dalla società.


Ciò che intendevo dire prima era che far lavorare un carcerato è in genere un costo e non un introito per le casse dello stato... quello leviamocelo dalla testa!

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da Strini il 15 giu 2009 18:28


stefanbo ha scritto Quando ho nominato le democrazie del Nordeuropa c'è da aggiungere proprio questo: educazione e impornta morale! 8)


In realtà penso molto abbia fatto la religione... invece del pelatone hanno avuto il calvino. Vuoi mettere?? :lol:

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da stefanbo il 15 giu 2009 18:33


Adesso cìè un VERO Ot da parte mia caro Strini:

La religione protestante ti lascia "solo" davanti a Dio, non avendo il tramite del padre confessore, ergo non sei mai certo dell'assoluzione, ergo hai un perenne senso di colpa (hai presente i film di Bergman, appunto!! :roll: ) ed in conclusione...ci pensi due volte prima di "peccare" (s'intende quindi anche fregare lo stato, le tasse, il prossimo ecc), nella religione cattolica hai invece il lavaggio della coscienza con l'assoluzione....

Non entro nel merito (figuriamoci, da agnostico/ateo non mi permetterei) se una religione è migliore o peggiore, ma è un fatto storico che le conseguenze sulla società dei luterani/calvinisti sono diverse (come sono diplomatico!!!!) rispetto ai cattolici, tutto qui :wink:

da Strini il 15 giu 2009 18:52


stefanbo ha scritto Non entro nel merito (figuriamoci, da agnostico/ateo non mi permetterei) se una religione è migliore o peggiore, ma è un fatto storico che le conseguenze sulla società dei luterani/calvinisti sono diverse (come sono diplomatico!!!!) rispetto ai cattolici, tutto qui :wink:


Non ci entro neanch'io, per carità (poi arriva paulyste che ci legna)... ma mi sa che stiamo dicendo la stessa cosa :wink:

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da Fante il 15 giu 2009 19:07


stefanbo ha scritto....


Non sono del ramo, ma non mi sembra sia esattamente così.
Mi sembra che il Calvinismo di fatto liberi ogni persona dalle proprie azioni: Dio ha già deciso la nostra salvezza o la dannazione e non possiamo fare nulla per modificarla.

da Bob il 15 giu 2009 19:13


tanto per proseguire l'OT....
Ma nella religione protestante,sbaglio o manca totalmente il concetto di salvezza e/o perdono? La salvezza è un dono divino,ed è indipendente dalle tue opere. Tu puoi solo pregare che il Signore ti guidi e ti dia fede sufficiente da meritare il dono Della Grazia. Qualcuno mi aveva detto una cosa simile....

"Sul vino, bevo qualunque cosa mi raccontiate, sul cibo, ci mastico abbastanza"

da Bob il 15 giu 2009 19:16


Fante ha scritto
stefanbo ha scritto....


Non sono del ramo, ma non mi sembra sia esattamente così.
Mi sembra che il Calvinismo di fatto liberi ogni persona dalle proprie azioni: Dio ha già deciso la nostra salvezza o la dannazione e non possiamo fare nulla per modificarla.

Ecco, anche tu hai un dubbio simile. Non è che non puoi fare NULLA:puoi SPERARE che Dio ti doni laSalvezza, come atto gratuito di misericordia, SE la tua fede ti porta verso gli insegnamenti del Cristo. Indipendentemente dal fatto che tu li segua bene o meno. Peccatore sei e peccatore resti.

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da Strini il 15 giu 2009 20:15


Fante ha scritto Mi sembra che il Calvinismo di fatto liberi ogni persona dalle proprie azioni: Dio ha già deciso la nostra salvezza o la dannazione e non possiamo fare nulla per modificarla.


Se pensi che questo ti liberi... in realtà fa rabbrividire ed ha l'effetto comletamente opposto.

Comunque ho controllato: tu e bob siete all'inferno, fino alla fine dei tempi. Quindi, adesso... sciambola!!

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da cisejazz il 16 giu 2009 06:41


nelle miniere di sale o di carbone a spaccare le pietre col cucchiaino a vita: lavoro socialmente utile (troppo cattiva?)

da tpt il 16 giu 2009 08:10


stefanbo ha scrittoLe varie idee espresse, più o meno (per me MOLTO meno) condivisibili espresse dai vari amici sarebbero semplicemente in un qualsiasi paese civile dell'Europa del Nord (Svizzera inclusa, cara tpt...) considerate come assurde.
Mi spiegate perchè nei paesi del Nordeuropa persino i crimini più efferati NON comportino pene efferate (leggi non solo la televisione, ma anche la possibilità di incontrare sessualmente il tuo/la tua compagno/a)? .....
Ma andiamo :?


Sono sempre più convinta che Bob abbia assolutamente ragione. Non è questione di accanimento ma di logica: mi voglio concentrare solo su quegli elementi effettivamente socialmente recuperabili. Per gli altri, l'oblio.

Non voglio Stefanbo parlare di realtà che non conosco ma proprio qui in Svizzera (e ti assicuro che in tante cose non è che qui si abbia la verità in tasca, ben inteso ...) nelle carceri federali ci sono circa 2400 detenuti sottoposti a pene "severe" (non esiste l'ergastolo). E' vero, la Svizzera è piccola ma sono davvero pochini e sai perchè?

Intanto tutti i cittadini di altri paesi (compresi quelli UE, per intederci) vengono immediatamente rispediti nel loro Paese, con l'auspicio subiscano una pena adeguata al crimine commesso.

E quindi il problema del sovrafollamento carcerario viene a cadere e chi vive nelle carceri ha un trattamento umano.

Mi si potrebbe dire che un cittadino cinese o americano (per par condicio) che qui commette un crimine efferato potrebbe trovare la pena di morte una volta rispedito nella patria natia.

Ed io mi chiedo: se a casa tua quello specifico delitto prevede la pena capitale devi proprio venire a commetterlo qui in Svizzera pensando di farla franca? Nein, niente di più sbagliato.

Ecco come sono larghe le vedute del popolo svizzero. Inoltre, giusto per dovere di cronaca, in Consiglio Federale, su richiesta di diverse autorità cantonali si sta anche qui discutendo un inaspirmento delle pene.

da stefanbo il 16 giu 2009 09:54


Bè tpt, indirettamente mi stai dando invece ragione :wink: ...

In Svizzera, ferma restando la discussione dell'inasprimento delle pene: no ergastolo, condizioni progioni umane, lo dici tu stessa!!

Poi sul rispedire il reo straniero delinque nel proprio paese d'accordissimo con te (d'altronde è proprio questo il modo per evitare sovraffollamento, costi alla società ed inoltre che vengano proprio a delinquere perché le pene sono basse).

Ma continuo a non essere proprio d'accordo su esili/lavori forzati o quant'altro: certezza pena, no indulti, rispedire il reo al suo paese, rivedere il sistema di permessi e scarcerazioni per decorrenza termini: tutto ok, il resto, ovviamente IMHO indica un imbarbarimento della nostra società ed un allontanamento da altri paesi europei civili (Svizzera inclusa :lol: :lol:

da Fante il 16 giu 2009 09:57


Sono d'accordo con StefanBo! Anzi, sottolineo il mio entusiasmo limonandolo!

da capohog il 16 giu 2009 10:04


Strini ha scritto
capohog ha scritto Far lavorare il carcerato, è indispensabile anche come forma di recupero e riabilitazione dello stesso, visto che poi il carcere (perlomeno in uno stato civile) ha il compito di riabilitare il condannato non tenerlo semplicemente lontano dalla società.


Ciò che intendevo dire prima era che far lavorare un carcerato è in genere un costo e non un introito per le casse dello stato... quello leviamocelo dalla testa!


Io intendo che il lavoro sia parte necessaria del percorso riabilitativo, non possiamo tenere gente ingabbiata a non far nulla e sperare che si riabilitino da soli.

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