gobbaccio ha scrittoSono lieto di annunciare a questo forum che in home page è disponibile un nuovo e autorevole articolo firmato dal nostro gattaccio, apparso sotto forma di giornalista.
Colgo l'occasione per ringraziare Silvano del gradito dono fatto a questo sito e per ringraziare anche l'editore di Fitness & Sport che ne ha autorizzato la pubblicazione su ilmangione.it
MAX61° ha scrittoNon direi "COMPLICE" ma protagonisa. Silvano è stato un abile interlocutore e ha saputo fargli tirar fuori (dai cassetti come nella foto) il meglio.
Saluti.
LA MAX 61°
Rinaldo ha scrittoun' intervista di 6 mesi fa, viene proposta come un nuovo e autorevole articolo firmato dal nostro gattaccio, apparso sotto forma di giornalista.
Non pubblicizza forse l'Albareta e Gualtiero Marchesi tutto ciò?
gobbaccio ha scrittoUna cosa è il diritto di critica, sacrosanto. Un'altra è negare l'evidenza, discutibile.
Caro Rinaldo, nessuno ha spacciato per nuovo un articolo di sei mesi fa, che tra l'altro non mi pare che sia uscito sul Corriere della Sera, bensì su una rivista altamente specializzata che gentilmente (come specificato) ci ha concesso il diritto di pubblicare l'articolo.
Non mi pare di aver visto una palestra all'interno del tuo ristorante. E non mi pare che tu abbia le phisique du role per leggere Sport & Fitness. Forse hai letto quell'articolo perchè ti è stato gentilmente offerto dall'autore? Volevi essere l'unico di questo sito a poterlo leggere? Non mi sembra che sia stato un crimine pubblicarlo su queste pagine. E se io fossi Ohara sarei solo onorata di aver ceduto il passo a Gualtiero Marchesi.
Sul tema della pubblicità vado oltre, non ne vale la pena...
kinggeorge ha scritto
Ronny, non sono d'accordo quando dici:Non pubblicizza forse l'Albareta e Gualtiero Marchesi tutto ciò?
No. O meglio: sì, la pubblicizza. Come un servizio al tg pubblicizza la Galleria degli Uffizi. Che è a pagamento, no?
Paragone ardito? Forse... ma Marchesi trascende la ristorazione, Marchesi è semplicemente un pezzo di storia dell'Italia in tavola. E allora ben vengano anche tre editoriali su Marchesi, che non ha bisogno di pubblicità ma ha invece qualcosa da insegnare a tutti.
Vorrei a riguardo chiudere, citando un passaggio dell'intervista, molto bello, che va a toccare quello che è il principale obiettivo di medio periodo del progetto editoriale de ilmangione.it, ovvero il fare cultura enogastronomicaIl Maestro ha scritto
Spesso mi chiedo: i giovani chef hanno perso le loro radici culturali? No, in realtà le hanno messe da parte, lasciandosi troppo coinvolgere dalle mode e dalle sirene dei media. Siamo noi, operatori del settore, che dobbiamo istruire i clienti.
su questo mi piacerebbe nascesse un dibattito...
non sul fatto che questa sia pubblicità più o meno indiretta all'Albareta.
e quanto mi piacerebbe, ad essere sincero, che un minuto del loro tempo a rispondere lo dedicassero anche i ristoratori... la mente va certamente all'amico ty_cobb... ma anche e soprattutto a quell'amabile Imprenditore che ogni tanto butta l'occhio sul nostro sito.
ty cobb ha scrittoNon voglio entrare nel merito dell'intera intervista a Marchesi, sarebbe troppo lungo e complicato (non sono abituato a discutere per categorie generali, la ristorazione, gli italiani, i giovani etc. etc.) ma mi ha fatto molto piacere il richiamo alla responsabilità degli addetti ai lavori, nel campo della ristorazione, per quanto riguarda la necessità di istruire i clienti. Può sembrare un pò esagerato, ma non è stato mai così attuale come adesso.A mio parere la ristorazione italiana (quella che non punta solo a riempire degli stomaci o dei portafogli) si trova in un momento storico veramente importante, riuscire a adeguare le proposte gastronomiche alle nuove esigenze fisiologiche di uno stile di vita profondamente modificato senza per questo ignorare l'immenso patrimonio culinario del nostro paese. Ognuno di noi siede al tavolo di un ristorante portandosi dentro il proprio immaginario gastronomico, questo una volta era dato in prevalenza dalle tradizioni, dalla famiglia, dal territorio etc. ora purtroppo, salvo troppo poche eccezioni, ad influenzarlo (a mio avviso in maniera schizofrenica) sono le mode (guide, chef televisivi), la pubblicità (pseudo cibi che aiutano la massaia) ma soprattutto un ritmo di vita che contrasta con i tempi della cucina e della tavola. Il tutto in un quadro di omologazione che fa in modo che si mangiano le stesse cose un po ovunque. Con questo non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio. Non si può più mangiare "la cucina della nonna" tutti i giorni, non si può mitizzare la fame che aguzza ingegno e d’altronde anche la cucina cosiddetta "tradizionale" altro non è che la codificazione di precedenti evoluzioni del costume. Tutta questa spatafiata (se siete arrivati fin qua... complimenti!) per dimostrare che la responsabilità principale di gestire in maniera intelligente e creativa questa necessità di cambiamento non può non essere che degli addetti ai lavori. Cucina creativa, nouvelle cuisine, minimalista o meglio ancora la fusion hanno avuto il merito di rompere con gli schemi tradizionali ma credo che ora sia arrivato il momento, grazie all'enorme patrimonio gastronomico del nostro paese (vedi ingredienti, tecniche, concetti, metodi di cottura etc.), di ricostruire una cucina italiana adeguata ai nostri tempi che non perda la memoria ma nello stesso tempo non si lasci andare alla nostalgia. Orientare, stimolare ed in alcuni casi forzare il cliente a confrontarsi con quest’impostazione sicuramente non è facile. L'idea di strutturare la proposta del ristorante per accontentare tutti sembra a prima vista quella vincente ma nel 99% dei casi, a mio avviso, non porta che ad un appiattimento (troppi piatti in carta, necessità di "trucchi" di cucina, difficoltà di garantire freschezza e qualità). Da qui la necessità per il ristoratore di ottimizzare la propria immagine specifica con scelte legate alle proprie dimensioni, alla territorialità e cultura gastronomica, costruendo un rapporto di fiducia con il cliente.
Spero che si capisca qualcosa, ma mi diverto di più a cucinare che a scrivere.
ty cobb
ty cobb ha scrittoproprio così, ormai da alcuni mesi ho deciso una linea "autoritaria" nel mio locale e pur con una stagione non facile e lavorando in una zona enogastonomicamente depressa vedo degli ottimi risultati. il cliente scopre ben presto che quello che perde in libertà di scelta lo acquista sicuramente in qualità, freschezza e perchè no in piacevoli sorprese. più di un cliente mi ha confessato a fine pasto che dei piatti che io gli ho proposto (imposto) se li avesse trovati su una carta non li avrebbe degnati di uno sgardo, fondamentalmente perchè non rientravano nel suo immaginario gastronomico.
Grazie per i complimenti (in cucina si è sempre terribilmente narcisti)
ty cobb
ty cobb ha scrittoproprio così, ormai da alcuni mesi ho deciso una linea "autoritaria" nel mio locale e pur con una stagione non facile e lavorando in una zona enogastonomicamente depressa vedo degli ottimi risultati. il cliente scopre ben presto che quello che perde in libertà di scelta lo acquista sicuramente in qualità, freschezza e perchè no in piacevoli sorprese. più di un cliente mi ha confessato a fine pasto che dei piatti che io gli ho proposto (imposto) se li avesse trovati su una carta non li avrebbe degnati di uno sgardo, fondamentalmente perchè non rientravano nel suo immaginario gastronomico.
Grazie per i complimenti (in cucina si è sempre terribilmente narcisti)
ty cobb
silbusin ha scrittoUn'altra cosa che è rilevante nell'intervista è quando il Maestro parla di "partitura" in cucina e di degustazione. Ciò impone una seria riflessione sulla professionalità media della nostra ristorazione.
In altro topic, riprendendo un'intervista di Stefano Bonilli sui surgelati, si è arrivato a dire che i piatti pronti surgelati di marche prestigiose sono meglio della cucina media di una grandizzima fetta di ristoratori italiani e che anzi gli stessi (i surgelati) possono essere un mezzo per educare a mangiare ad un certo livello e di conseguenza pretenderlo almeno al ristorante.
Dato che quella di Bonilli non era una provocazione (vedere il link), la considerazione invece è da considerarsi provocatoria: esiste un sistema di monitoraggio della qualità? (non intendo ASL o simili) no. esite solo il cliente che fa da giudice e vittima. ilmangione, per la sua intrinseca dinamicità, supporta benissimo questo fine, superando la "staticità" delle guide cartacee che escono una volta all'anno.
E siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Aggiungo che il cliente deve cercare l'esperienza nel suo globale anche scegliendo alla carta (se l'è un pastisson che vuol pastrugnare lui) ma se dietro questa sequenza di piatti c'è la mano del professionista, il menù lo si concretizza comunque. E qui interviene anche l'abilità del maitre, del personale che sta in sala che non è li solo per prendere ordinazioni e stappar bottiglie.
Saluti
LA MAX 61°
ecco perchè anche l'intervista con Marchesi contribuisce a delineare i vari trend della galassia-ristorazione.
Stellina ha scrittoHo letto solo poco fa l'intervista a Gualtiero Marchesi, davvero piacevole ed interessante.
In particolare, cito:
"Sono problemi che vengono ampiamente dibattuti: interessano i tecnici del benessere, gli operatori sanitari, sino ad arrivare al Ministero della Salute. Il rimosso ministro Sirchia, pur in modo scomposto, aveva affrontato le problematiche legate alla cattiva alimentazione, cercando di far capire che i modelli americani, in cui un individuo su tre è obeso, sono ormai diventati modelli italiani; questo dovuto a mancata educazione, disinteresse degli addetti ai lavori, assenza di attività fisica."
In effetti e' vero: il modello americano ormai e' il "nostro" modello. Contraddizioni continue ci inseguono, al primo posto la televisione, e in questo caos e' difficile riuscire a trovare un equilibrio.
Da una parte essere piu' che "perfette" (sempre che di perfezione si tratti) sembra essere divenuto un obbligo, sembra essere indispensabile per entrare in societa' ed acquisire dignita'; dall'altra parte incessanti pubblicita' a base di fotogrammi di falsa felicita', ci mostrano corpi giovani e meravigliosi che si ingozzano dalla mattina alla sera di merendine e similari.
Intanto ti chiamano al telefono di casa tua, e sottolineo casa tua, per offrirti una settimana di trattamenti gratuiti anticellulite, linfodrenanti e simili; poi ti giri nuovamente verso la tv e noti come due veline (o qualcosa del genere) dichiarino di mangiare il gelato della marca Caio circa dieci volte al giorno...
In tutto questo, si perde il valore del mangiar sano e mangiar bene, si perde il piacere di sedersi a tavola e gustare quello che ci viene proposto, invece di viverlo solo come gratificazione di cio' per cui non troviamo soddisfazione nella vita.
Tutto questo mi da molta tristezza.
Stellina ha scrittoIn effetti e' vero: il modello americano ormai e' il "nostro" modello.