Beh... in teoria sì, in pratica forse no. Anche perchè se il pesce resta invenduto, poi quando riparte la pesca ne servirà meno. Ma al di là delle considerazioni puramente economiche, resta il fatto che in questi giorni ci si può aspettare di tutto, soprattutto a livello di frodi perpetrate. E allora meglio non correre rischi.
Vi copio/incollo quest'articolo pubblicato oggi da Slowfood
L’altra faccia della crisi alimentare: agricoltori, allevatori, pescatori di mezza Europa in sciopero
04/06/2008 - Sloweb
Mentre a Roma si svolge il summit Fao sulla crisi alimentare planetaria, vediamo oggi cosa sta succedendo nel mondo agricolo della ricca Europa.
In una parola, sciopero.
In Francia, Spagna, Portogallo e Italia i pescatori hanno incrociato le braccia contro il gasolio troppo caro e la restrizione per il 2009 delle quote pesca nell’Ue (-25%). La situazione però, e dispiace dirlo per quei pescatori che non riescono più a tirare a campare, sembra senza uscita se non si rivoluziona il settore della pesca, ad oggi totalmente insostenibile. Esso infatti si basa su un forte sfruttamento degli stock ittici e sul petrolio, e ormai non ci sono più né l’uno, né l’altro.
Gli allevatori tedeschi hanno deciso di gettare il latte piuttosto che venderlo a prezzi giudicati da fame. Chiedono di essere pagati 43 centesimi al litro invece dei 28-34 centesimi, poichè negli ultimi mesi i costi di produzione sono aumentati del 6%, conseguenza della corsa dei prezzi dei cereali usati per nutrire il bestiame. Allo stesso tempo, per tener bassi i prezzi, i supermercati hanno tagliato pesantemente i compensi ai produttori. Der Spiegel avverte che il latte sta già scarseggiando sugli scaffali dei negozi tedeschi, mentre si stanno unendo alla protesta gli allevatori di Francia, Olanda e Paesi Baltici.
In Italia intanto scioperano gli allevatori di maiali: per ora si limitano a non consegnare i certificati necessari alla produzione di salumi Dop. L'epicentro è in Emilia e in Friuli, vale a dire prosciutti di Parma e San Daniele. Vogliono che la carne sia loro pagata almeno 1,5 euro al chilo. Dicono che le cifre loro riconosciute non hanno assolutamente tenuto conto dell'aumento dei costi di produzione.
Se l’Istat rivela che in Italia i prezzi degli alimentari alla distribuzione sono aumentati del 5,5% in un anno, significa che chi ci sta perdendo sono sia i produttori che i consumatori, mentre in mezzo c’è chi ci guadagna eccome: la grande distribuzione e le multinazionali dell’agroindustria (clicca qui per vedere gli utili delle company).
Fonte:
Blogeko.info
Der Spiegel
Guardian
Messaggero Veneto
Reuters
Swiss Info
Luca Bernardini
l.bernardini@slowfood.it