Un bicchiere per la vittoria o un cicchetto per la sconfitta? L'angolo per il mangione sportivo...
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E ora rivediamo esattamente come stanno le cose

da Ayer il 29 ott 2010 14:49


Chi ha avuto la pazienza di leggere le sentenze dei tribunali e non soltanto quelle vergate su carta dai quotidiani rosa salmone, lo sa dal 2006. Contro la dirigenza juventina c’erano prove di non rispetto dell’articolo 1 del codice di giustizia sportiva (lealtà sportiva), ma non di violazione dell’articolo 6 (illecito sportivo), l’unico la cui violazione prevede la retrocessione. I giudici, già nel 2006, lo avevano appurato con certezza, tanto che, come spiegò sempre Sandulli, «l’illecito associativo non esisteva, era una falla del sistema giuridico che è stato da noi introdotto». È il famoso «illecito strutturato» di cui parlò Francesco Saverio Borrelli, chiamato dall’allora commissario straordinario Guido Rossi – ex dirigente Telecom, ex cda Inter – a condurre le indagini: «è un caso di illecito strutturato», spiegò l’eroe di Mani Pulite. Un’arcana formula che si potrebbe tradurre più o meno così: non abbiamo prove che la Juventus abbia comprato partite, né arbitri, né guardalinee, né calciatori. Abbiamo appurato che «non esisteva alcuna cupola», che la celebre favola delle “ammonizioni mirate” a favore dei bianconeri era appunto una favola, che non vi è stata mai alcuna «alterazione del sorteggio arbitrale», che l’arbitro Gianluca Paparesta non fu mai chiuso in uno spogliatoio da Moggi. Ecco, sebbene non ci sia una-prova-una che la Juventus abbia rubato le partite, sebbene sia illogico pensare che si possa alterare un campionato senza alterare i match, abbiamo condannato la Juventus alla serie B, alla non assegnazione del campionato 2004-05 e alla revoca dello scudetto 2005-06 (non oggetto d’indagine). Tutto questo durante un processo in cui abbiamo eliminato un grado di giudizio, in cui abbiamo concesso agli avvocati difensori solo tre giorni per preparare la difesa e un quarto d’ora per esporla e in cui non abbiamo ammesso come prove i filmati delle partite o altre prove documentali, ma solo alcune intercettazioni da noi selezionate senza dare la possibilità ai presunti colpevoli di accedere a tutte quelle disponibili (171 mila). Insomma, quel che si dice un processo equo. È scritto così nella sentenza: «è concettualmente ammissibile l’assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara». Deve essere questo che si intende per “illecito strutturato”: sei colpevole perché è ammissibile che tu lo sia.

Datemi un sedatavo!

da capohog il 29 ott 2010 14:58


Macalda (Machalda) di Scaletta (Scaletta, 1240ca.– morta dopo il 3 dicembre 1307) fu una dama di compagnia e un'avventuriera siciliana, di umilissime origini, nota per la condotta politica spregiudicata, per l'inclinazione al tradimento coniugale, politico e umano, e per i facili e promiscui costumi sessuali, la cui dissolutezza, sfiorata anche dal «sospetto di incesto», tendeva a degenerare in un «esibizionismo venato di ninfomania».

Educata alle armi e al coraggio, dotata di un portamento marziale, animata da un'indole cinica e ambiziosa, la vigorosa personalità femminile di Machalda dispiegò la sua influenza dapprima nella cerchia di Carlo d'Angiò e poi presso la corte di Pietro III d'Aragona, la cui persona, secondo un cronista, Macalda tentò inutilmente di concupire. Le sue qualità ne fecero una protagonista di un'epoca di transizione e di violenti rivolgimenti nella storia del Regno di Sicilia, segnata dalla rivolta dei Vespri e dal tumultuoso avvicendamento tra il dominio Angioino e quello Aragonese.

Intrigando a corte, ma anche rivaleggiando spavaldamente con la regina Costanza di Hohenstaufen, Macalda ebbe infatti un ruolo importante nel favorire inizialmente, e a far precipitare in séguito, le fortune politiche del suo secondo marito, il vecchio Alaimo da Lentini, che era stato uno dei maggiori fautori di quella rivolta.

La parabola sociale e politica di Macalda, e della sua umilissima stirpe, può essere considerata come un caso esemplare e paradigmatico del tipo di mobilità sociale attraverso cui, in un contesto tardo medievale normanno-svevo, una famiglia ambiziosa poteva giungere in poche generazioni all'emancipazione dalla povertà e da condizioni subalterne in un percorso spettacolare che dalla miseria giungeva ad attingere le alte sfere reali.

La vicenda di Macalda ha lasciato dietro sé una riconoscibile traccia storica, ricevendo trattamenti diversi dalle cronache sincrone: una di queste, la Historia Sicula del coevo cronista messinese Bartolomeo di Neocastro filo-aragonese, è a lei estremamente avversa, ma i comprensibili motivi politici che ispirano Neocastro non sembrano sufficienti a giustificare la sua acrimonia, così eccessiva, per alcuni, da autorizzare il sospetto di trovarsi di fronte a «una delle vittime del fascino della donna».

Di Macalda, oltre all'educazione militare, è nota anche una qualità poco usuale per una donna del tempo, la conoscenza del gioco degli scacchi, per la quale le si può riconoscere una sorta di primato storico nell'universo femminile e in quello scacchistico siciliano.

La sua singolare figura, abitando le pagine della cronaca e della storia, è trasfigurata anche nel folklore e nell'immaginario collettivo, rendendo Macalda la protagonista di miti, tradizioni e leggende popolari, come quella messinese del pozzo di Gammazita. Un'eco distante della passione di Macalda per il sovrano aragonese, narrata dal caustico Neocastro, sembra riverberare anche nella narrazione boccaccesca, in un ben più rarefatto contesto cortese e cavalleresco, quando nel Decameron si narra del perduto amore di Lisa Puccini per Re Piero di Raona.

8)

96 cubic inch of good vibs

da Ayer il 29 ott 2010 15:17


capohog ha scrittoMacalda (Machalda) di Scaletta (Scaletta, 1240ca.– morta dopo il 3 dicembre 1307) fu una dama di compagnia e un'avventuriera siciliana, di umilissime origini, nota per la condotta politica spregiudicata, per l'inclinazione al tradimento coniugale, politico e umano, e per i facili e promiscui costumi sessuali, la cui dissolutezza, sfiorata anche dal «sospetto di incesto», tendeva a degenerare in un «esibizionismo venato di ninfomania».

Educata alle armi e al coraggio, dotata di un portamento marziale, animata da un'indole cinica e ambiziosa, la vigorosa personalità femminile di Machalda dispiegò la sua influenza dapprima nella cerchia di Carlo d'Angiò e poi presso la corte di Pietro III d'Aragona, la cui persona, secondo un cronista, Macalda tentò inutilmente di concupire. Le sue qualità ne fecero una protagonista di un'epoca di transizione e di violenti rivolgimenti nella storia del Regno di Sicilia, segnata dalla rivolta dei Vespri e dal tumultuoso avvicendamento tra il dominio Angioino e quello Aragonese.

Intrigando a corte, ma anche rivaleggiando spavaldamente con la regina Costanza di Hohenstaufen, Macalda ebbe infatti un ruolo importante nel favorire inizialmente, e a far precipitare in séguito, le fortune politiche del suo secondo marito, il vecchio Alaimo da Lentini, che era stato uno dei maggiori fautori di quella rivolta.

La parabola sociale e politica di Macalda, e della sua umilissima stirpe, può essere considerata come un caso esemplare e paradigmatico del tipo di mobilità sociale attraverso cui, in un contesto tardo medievale normanno-svevo, una famiglia ambiziosa poteva giungere in poche generazioni all'emancipazione dalla povertà e da condizioni subalterne in un percorso spettacolare che dalla miseria giungeva ad attingere le alte sfere reali.

La vicenda di Macalda ha lasciato dietro sé una riconoscibile traccia storica, ricevendo trattamenti diversi dalle cronache sincrone: una di queste, la Historia Sicula del coevo cronista messinese Bartolomeo di Neocastro filo-aragonese, è a lei estremamente avversa, ma i comprensibili motivi politici che ispirano Neocastro non sembrano sufficienti a giustificare la sua acrimonia, così eccessiva, per alcuni, da autorizzare il sospetto di trovarsi di fronte a «una delle vittime del fascino della donna».

Di Macalda, oltre all'educazione militare, è nota anche una qualità poco usuale per una donna del tempo, la conoscenza del gioco degli scacchi, per la quale le si può riconoscere una sorta di primato storico nell'universo femminile e in quello scacchistico siciliano.

La sua singolare figura, abitando le pagine della cronaca e della storia, è trasfigurata anche nel folklore e nell'immaginario collettivo, rendendo Macalda la protagonista di miti, tradizioni e leggende popolari, come quella messinese del pozzo di Gammazita. Un'eco distante della passione di Macalda per il sovrano aragonese, narrata dal caustico Neocastro, sembra riverberare anche nella narrazione boccaccesca, in un ben più rarefatto contesto cortese e cavalleresco, quando nel Decameron si narra del perduto amore di Lisa Puccini per Re Piero di Raona.

8)


anche tu Interista.. 8)

Datemi un sedatavo!

da Luca75 il 01 nov 2010 07:27


io uno scudetto glielo ridarei agli Juventini... Come Interista sono preoccupato che dovremo cucirci stelline anche sui pantaloncini e sulle mutande se andiamo avanti così....
Comunque Ayer stai facendo un bel record.. Se apri un topic tu, ti mettono in avanzi anche se è da Bar dello Sport.
Capirai.. Sei Interista e Comunista.... Vergogna!!!

da Luca75 il 01 nov 2010 14:35


8) 8) 8) 8) :lol: :lol: :lol: :wink: :wink: :wink:
Grandi moderatori!!!

da maxbor il 01 nov 2010 16:30


Di sentenze e di tribunali, sportivi e non, me ne faccio carta straccia.
Io calciopoli l'ho vista con i miei occhi.
Ad esempio in Lecce-Parma secondo me pacchiatamente aggiustata e in mille arbitraggi scandalosamente pro-Juventus.
In un Lecce-Juventus (arbitro Racalbuto) abbandonai indignato lo stadio ad inizio del secondo tempo dopo l'ennesimo contatto "neutro" trasformato in fallo in favore dei bianconeri.
Per non parlare dei vari due pesi e due misure su amonizioni e rigori. E che dire delle tante partite di cui conservo ancora oggi il nefasto ricordo? Per citarne qualcuna un Parma-Juventus (arbitro Pellegrino) e un Juventus-Lazio (arbitro Paparesta).
Mi dispiace per gli incolpevoli tifosi bianconeri ma nel mio animo la Juventus E' RADIATA.
:evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil:

da Ayer il 12 nov 2010 18:03


maxbor ha scrittoDi sentenze e di tribunali, sportivi e non, me ne faccio carta straccia.
Io calciopoli l'ho vista con i miei occhi.
Ad esempio in Lecce-Parma secondo me pacchiatamente aggiustata e in mille arbitraggi scandalosamente pro-Juventus.
In un Lecce-Juventus (arbitro Racalbuto) abbandonai indignato lo stadio ad inizio del secondo tempo dopo l'ennesimo contatto "neutro" trasformato in fallo in favore dei bianconeri.
Per non parlare dei vari due pesi e due misure su amonizioni e rigori. E che dire delle tante partite di cui conservo ancora oggi il nefasto ricordo? Per citarne qualcuna un Parma-Juventus (arbitro Pellegrino) e un Juventus-Lazio (arbitro Paparesta).
Mi dispiace per gli incolpevoli tifosi bianconeri ma nel mio animo la Juventus E' RADIATA.
:evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil: :evil:




Ci sarà un motivo per cui in Milan Palermo è successo di tutto di più, il motivo è semplicemente, che la cultura del sospetto non è certo finita facendo male alla Juve :roll:

Datemi un sedatavo!

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