Ronny, ho letto con attenzione il tuo scritto.
Per prima cosa conferma quanto io dissi a suo tempo: la Max, al di là del carattere migliore del mio
, è sempre corretto e onesto nel descrivere le proprie esperienze.
Per seconda cosa: che lavorare non significa solo sopravvivere
(purtroppo lo è per molti e quindi non mi addentro, per carità!, minimamente nel sociale) ma amare il proprio lavoro. C'è chi per più di trenta anni ha ascoltato tutti i giorni i "dolori" degli altri dovendoseli prendere in carico e cercare di risolverli o per anni si è alzato prestissimo per aprire un esercizio e sfornare alimenti caldi, profumati e disponibili ai primi clenti, ecc.
C'è la numerosissima ristorazione delle grandi città e banlieau che vive del passaggio, del numero, del mordi e fuggi e il giovedì sera (sui navigli, nel campiello domizio, piazza del campo, ecc) non riesci ad entrare se non hai prenotato.
C'è la ristorazione che ha effettuato il cambio 1000 lire = un euro.
C'è la ristorazione che ci vede al quarto posto in Europa per la qualità.
Ed è la maggioranza.
Poi ci sono le isole felici (per il cliente) che vivono e sopravvivono. Come non esserne contenti?
E come non essere contenti che l'ipotetico manager che scrive su ilmangione guadagni mensilmente come un esercizio commerciale.
Peccato che ci siano pensionati, impiegati, operai che con moglie e figli (e anche figli giovani ancora in casa anche se laureati) che possono andare solo in pizzeria: se si perdono anche questi clienti, gran parte della ristorazione italiana andrà a remengo.
Resisteranno proprio quegli splendidi posti così amabilmente descritti da la Max.
Un abbraccio.
silvano