da Ghiaccia il 02 nov 2007 21:28
Riceviamo dal ristorante e pubblichiamo integralmente. Lo staff
Replica alla recensione di Balbo del 27.10.2007
Non ho avuto tempo di studiare il sito, ma penso che questa sia la rubrica giusta nella quale inserire questo monologo; monologo che non è una vera e propria replica alla recensione che ci riguarda, ma piuttosto una replica critica a tutto il meccanismo del vostro mondo mediatico.
Penso che il problema fondamentale, quello attorno al quale palpita una sensazione di insoddisfazione strisciante sia proprio la comunicazione, oggi, e su Internet più che mai , un problema sociale.
Leggo la recensione e non posso non accendermi, non posso non lasciarmi prendere da un infantile voglia di sfogo dialettico orientato verso l’insulto: poi però mi accorgo che forse non è la sede giusta, forse non ne vale la pena, forse ho capito male io, forse, appunto, c’è un problema di comunicazione. Ecco quindi che attraverso questa lettera cercherò di capire se ho, oppure non ho, frainteso il testo in questione.
Leggo di un “mangione” che avventuratosi nel nostro locale rimane poco soddisfatto o comunque criticamente insoddisfatto: posso essere dispiaciuto per il fatto che abbia sbagliato un paio di sensi unici, ma la specifica mi sembra fuori luogo nell’ambito di una critica di un locale, se non per evidenziare, con tono negativo, la difficoltà ( sua) di raggiungere il locale stesso, ma sempre e comunque un’osservazione poco attinente: anche per andare a mangiare nel ristorante sopra la Torre Eiffel non è proprio una passeggiata. E allora?!...
La recensione continua su toni di elogio per quello che lui giudica un bel locale, e tutto ciò non può che lusingare i nostri sforzi per creare un ambiente accogliente, ma critica una mise en place tra alti e bassi glorificando il tovagliato e i bicchieri, ma bocciando le posate… non ho potuto non domandarmi che cosa di così brutto abbiano le nostre posate, e non ho quindi resistito dall’osservarle meglio pronto a mettermi in discussione:ma a parte un bellissimo disegno classico ed elegante non ho proprio trovato motivo per condannarle agli inferi…Neppure per la marca, Pinti, oltre che essere bresciana,( almeno all’epoca dell’acquisto), non mi sembra di aver avuto notizie circa un suo coinvolgimento in sfruttamento del lavoro minorile, piuttosto che una sua partecipazione nella costruzione di armi per i gruppi estremisti mediorientali, o di contrabbando di acciaio proveniente dalla Cecenia…quindi… chiedo venia per la mia ignoranza, probabilmente è un mangione abituato a desinare solo con l’argento, ma non per questo la mia mise en place mi sembra debba essere penalizzata. Curioso inoltre che così attento a guardare sotto le posate, si sia poi dimenticato di elogiare, o criticare, la tazzina del caffè: originalissima Villerory e Boch, per i fanatici dei nomi, con tanto di cucchiaino picchiettato a mano e dotato di un incavo per collocarlo, rivoluzionandone il concetto, sopra la tazzina, anziché in parte; tazzina allorché alloggiata in un piattino a foglia molto più grande del normale per poter accompagnare il caffè con una piccola pasticceria sempre di nostra produzione…ma queste sono sfumature che l’attento mangione ha pensato di escludere dalla sua accurata fotografia, e non ho capito se perché la troppa meticolosità della descrizione iniziale gli aveva già esaurito la dialettica per il finale oppure…che ne so…
Strano questo mangione, che si definisce pigro e svogliato, tanto da trovare una sedia bellissima, ma troppo comoda, quasi fosse un difetto, ma non ho capito se suo o della sedia: contatterò comunque l’artigiano per la rimostranza e cercherò di sostituirle con sedie un po’ più scomode.
La mise en place tra alti e bassi, e il pane?!...Chissà se si ricorda che nel piatto di peltro c’erano adagiati ben tre tipi di pane diverso, due varietà di grissini, un cestino di pasta fillo con all’interno delle verdure in tempura, nonché dei piccoli crackers: tutto da noi prodotto con l’utilizzo di farine biologiche macinate a pietra, tra le quali il kamut e il Monococco. ..chissà se l’ha notato…
Probabilmente non era importante.
Non capisco inoltre l’utilizzo di “buona”: buona è la CocaCola, buona è la Nutella, non le nostre entree, tra l’altro malamente descritte. La prima era una crema di pomodoro calda con stracciatella di bufala accompagnata da una brioches appena sfornata. Interessante il contrasto caldo freddo arricchito dalla brioches…non ne trovo però traccia nella recensione, così come non trovo riscontro nella patata aperta, di cui non viene citata la crema di aglio e le uova di salmone, elementi fondamentali che oltre a dare colore forniscono il giusto contrasto tra la dolcezza della patata e l’acido salato di aglio e pesce. Ma forse il “mangione” era troppo concentrato sulle tovaglie non stirate al tavolo per poter dare la giusta critica al piatto.
Come non posso essere mortificato per aver dimenticato le chiavi dell’armadio dove riposano le bottiglie più inusuali, tra cui l’incriminata ribolla: capisco la delusione, ma in una carta dei vini che conta circa 300 etichette tra Italia e Francia, ricordo benissimo che il nostro esperto recensore non è riuscito a trovare un altro vino degno del suo palato, affidando a me la scelta di un bianco; visto l’orientamento, anche nel prezzo, del nostro degustatore ho pensato di fare un buon servizio aprendo un vino non banale e importante, tra l’altro francese: ipotizzando che sappia il significato di Premier Cru in Borgogna, cosa di cui ora dubito, non penso sia lecito criticare poi il prezzo dei due bicchieri, ma sarebbe più umile fare il mea culpa, altrimenti il vino se lo poteva anche scegliere da solo. Vino che poi il nostro mangione ha giudicato piatto su tutta la linea: come non considerarlo un giudizio attendibile, in quanto espresso da un recensore che si definisce troppo pigro,si lamenta di stare troppo comodo, si dimostra non troppo attento e a tratti troppo superficiale!?...E comunque dove è il coraggio e la capacità di fare delle critiche immediate, costruttive…forse il vino era veramente figlio di una bottiglia sfortunata, troppo facile nascondersi dietro una tastiera: come tirare un sasso e poi nascondere la mano…
Addirittura gli gnocchi erano troppo delicati…gnocchi di patate montagnine, già saporite di loro, fatti rigorosamente da noi ( cosa di cui non c’è menzione), saltati in padella con ragout bianco di coniglio sfumato al vino bianco su letto di fagiolini: penso ci siano fin troppi sapori, per chi li sa …ascoltare…ovviamente.
E gli stracci di pasta, non casereccia, ma bensì di Monococco erano ovviamente troppo saporiti!...E il galletto ,( non polletto come è stato scritto), francese in crosta di lardo, (non pancetta), era, senza stupirsi, troppo generoso! Incredibile.
Ricordo benissimo, inoltre, la confusione del nostro mangione tra il sale delle Hawai e quello dell’Himalaya: confusione sapientemente e immediatamente chiarita da me personalmente, ma ovviamente sarà stata una finta per mettere alla prova la nostra professionalità.
Ecco quindi il filetto di bisonte: signori e signori una delusione perché era già condito in maniera perfetta e non necessitava di altro. Il sale e l’olio sono sempre portati al tavolo per ovviare ai gusti di chi gradisce un piatto maggiormente condito, ma è dignità di ogni Chef che io conosca far uscire dalla cucina piatti già “perfetti”…ma forse questo non era dato a sapere e giustamente e stato descritto come fosse un difetto.
Confuso è anche il concetto di “abbandono”: forse il nostro caro mangione non ricorda di aver lasciato le posate in bilico tra il piatto e il tavolo per molto tempo, anzi fino a quando ho preso l’iniziativa di sparecchiare il tavolo stesso. Forse il nostro enogastronauta non sa che le posate in quella posizione significano, per chi sta lavorando, che il tavolo si sta prendendo il suo tempo per mangiare con calma, senza fretta, perché sta, magari, piacevolmente chiacchierando.
Addirittura siamo riusciti a fargli apprezzare un frutto, il caco, che non è tra i suoi preferiti: appena sufficiente questo miracolo. Proprio non capisco.
E’ proprio questo il meccanismo contorto che non risulta chiaro a chi vi legge: una persona tecnicamente non preparata a parlare di acidità, di struttura, di sapidità, di contrasto di sapori e di temperature, di tecniche di cotture utilizza un sito che tratta di ristorazione, permettendosi di esprimere un giudizio, parlando, a sorpresa, di se stesso, quasi fosse un sito per single: sappiamo infatti che ha difficoltà con la segnaletica stradale, che è pigro, che non gli piace il chiodo di garofano, sappiamo che preferisce i sapori decisi e forti a quelli eleganti e delicati, sappiamo che non ama i cachi, che è distratto e superficiale,…e proprio non capisco cosa c’entrino tutte queste sue doti con la recensione di un locale e della sua cucina!
Il cappello giallo, se ho capito bene, non è quindi riferito al Giasarol, ma bensì a tutti i Balbi blogghianti che alla stregua di un bambino capriccioso, senza il proprio giocattolo preferito, diventano incontentabili!
In tutto questo c’è anche un aspetto positivo:meno male non è andata sprecata la bottiglia di Ribolla di Damijan!