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da Bob il 16 ott 2009 11:51


MarioLino ha scrittoIl tuo intervento era molto pulito Bob

Mi lavo spesso.
E sciacquo i miei panni in Arno :wink: .

"Sul vino, bevo qualunque cosa mi raccontiate, sul cibo, ci mastico abbastanza"

da maxbor il 16 ott 2009 12:05


Cibo poco convincente, servizio approssimativo, panorama censurabile.
Questo è ciò che dice Camilla Baresani del ristorante Mastino di Fregene.
Perchè allora tante gente, Vip compresi, continua ad affollarlo?
Ci sono dei posti che, nonostante numerosi difetti, frequentiamo come se ne fossimo magneticamente attratti?
Da parte mia c'è qualche posto che, per motivi affettivi, sono disponibile a frequentare...chiudendo un occhio. Ma non presenta difetti di tale livello. :roll:

Ristorante Mastino
articolo per il Sole 24ore Domenica, giugno 2009, di Camilla Baresani.

A tutti noi piace mangiare all'aria aperta, in una giornata di sole, guardando e respirando il mare. Ma pur di realizzare questo sogno siamo disposti a mangiare in modo approssimativo, grezzo e raffazzonato? E a chiudere un occhio su brutture semiedilizie e sgangheratezze del servizio? Molti di noi lo sono. Per esempio i clienti di Mastino, celebre ristorante con stabilimento balneare sullo spiaggione di Fregene. Durante la settimana, all'ora di pranzo, scappano da Roma per raggiungere uno dei locali più carichi di storia del litorale laziale. Da Fellini a Flaiano, da Volonté alla Fenech, da Ronchey a Spadolini, da Agnelli a Veltroni, dalla Ferilli a Moccia passando per un'infinità di funzionari, giornalisti, mezzibusti, soubrette: tutti hanno mangiato o mangiano da Mastino. Ed ecco cosa offre il locale ai suoi sostenitori. Dal punto di vista architettonico, una concrezione di baracche germinate da una baracca primaria, con quell'aria di finto-provvisorio ed eventualmente smontabile che permette di espandersi dove non sarebbe consentito ma di fatto lo è, o lo diventa. La distesa di tavoli è impressionante. Fa temere il peggio per la stagione piena, i sabati, le domeniche. Nella zona semiaperta, con vetrate che difendono dal vento, le sedie di plastica bianca sono corrose, smangiate. Certo, cambiarne così tante è un bell'investimento. Dopo l'ingresso, con vasetti di sabbia zeppi di mozziconi (ma toglieteli, ogni tanto!), c'è il bancone del bar, poi ci sono le macchinette dei giochi elettronici, e una grande stanza dove si riunisce la famiglia Mastino. Cassa, tavolone, carrozzella pieghevole per il parente con difficoltà di deambulazione. Il servizio è alla buona, sconclusionato. Sciabattamenti, pietanze portate quando si è ancora alle prese con le precedenti, incapacità di rispondere alle domande sull'esecuzione e sugli ingredienti. Mentre si mangia c'è uno stillicidio di venditori di cianfrusaglie che tormentano con implorazioni d'acquisto. Senso di colpa: sei lì che banchetti mentre quei poveracci col tunicone fino ai piedi vagano stracarichi, col problema di mettere insieme un pasto al giorno. Il cibo è unto, salato, stracotto, agliato, prezzemolato: così le bruschette con telline, sempre citate quando si parla di Mastino, il sugo di pesce degli spaghetti, la spigola con brodetto cotta diversi minuti di troppo. Benché la si lasci pulire al cameriere arriva ancora con la pelle, e con l'aggiunta di incongrui gamberi, scampi, anelli e ciuffi di calamaro che nessuno aveva ordinato. Quando il cameriere viene a sparecchiare, afferra il piatto col pollice ben sporto dentro e lo fa oscillare constatando che dal brodetto pomodoroso tracimano scampi e gamberi ancora interi: "Finido? Siguraa?". Il cucchiaino e la ciotola col peperoncino sono appiccicosi, con scaglie incollate sulla superficie. Il pane è ottimo, di tipo casareccio, con mollica saporita e giustamente elastica, la crosta croccante. Conto sui 50 euro, vino incluso.


Di questo ristorante abbiamo solo una recensione, dello scorso anno, di Cannonau che mi sembra coincida in diversi punti con quanto rilevato dalla scrittrice. Forse il nostro amico (da quel che ha scritto) è stato un po' generoso nel voto alla cucina.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=13987
Ultima modifica di maxbor il 16 ott 2009 17:38, modificato 1 volta in totale.

da MarioLino il 16 ott 2009 16:00


UNa riflessione: una recensione così negativa (nei contenuti e nei modi) troverebbe spazio qui? O sarebbe considerato troppo rischioso pubblicarla in relazione ai benefici che potrebbe dare agli associati?

da tiger il 16 ott 2009 16:10


..Dai Mario fai il bravo.... :lol: :lol: :lol: ...A mio avviso questa recensione è totalmente diversa dalla prima....questa è una recensione tipo-mangione....la leggo volentieri e ne traggo informazioni utili....ok? :wink:

da scogghi il 16 ott 2009 16:31


MarioLino ha scrittoUNa riflessione: una recensione così negativa (nei contenuti e nei modi) troverebbe spazio qui? O sarebbe considerato troppo rischioso pubblicarla in relazione ai benefici che potrebbe dare agli associati?


Onde evitare equivoci su quanto scritto sopra, preciso che:

qui siamo sul forum, non mi risulta ci siano pubblicate recensioni;

Le recensioni negative vengono pubblicate come da regolamento;

le recensioni non sono solo per gli asociati, tantomeno vengono pubblicate pensando agli eventuali benefici per coloro che utilizzano il sito. Per questo tipo di recensioni guardare in altri lidi 8) 8)

Il pesce in mare e la padella sul fuoco.....

da MarioLino il 16 ott 2009 16:36


Ma perchè vi intesite tutti quando parlo io?

PAURA EH? 8)

La mia era solo una innocente riflessione, che faceva delle considerazioni di carattere rischio-opportunità.

Quando parlavo agli associati, mi riferivo agli iscritti al sito, ovvero coloro che possono fruire liberamente delle recensioni.

Immagino che se una recensione negativa non dà valore aggiunto agli iscritti (perchè troppo pesante, aggressiva) non c'è motivo di correre rischi nel pubblicarla. Senza alcuna polemica

Mi incuriosiva in generale il "coraggio" del Sole nel pubblicare una rece così negativa.

da capohog il 16 ott 2009 17:03


MarioLino ha scrittoMa perchè vi intesite tutti quando parlo io?

PAURA EH? 8)

La mia era solo una innocente riflessione, che faceva delle considerazioni di carattere rischio-opportunità.

Quando parlavo agli associati, mi riferivo agli iscritti al sito, ovvero coloro che possono fruire liberamente delle recensioni.

Immagino che se una recensione negativa non dà valore aggiunto agli iscritti (perchè troppo pesante, aggressiva) non c'è motivo di correre rischi nel pubblicarla. Senza alcuna polemica

Mi incuriosiva in generale il "coraggio" del Sole nel pubblicare una rece così negativa.


son altre le cose che fan paura, non temere non rientri tra quelle 8) :wink:


comunque non avevo capito molto bene nemmeno io cosa tu intendessi con la tua riflessione :?

Mi sembra che il mangione mostri anche lui coraggio nel pubblicare recensioni "pesanti" e "negative", magari i nostri recensori non hanno lo stesso stile sarcastico dei "big" che scrivono altrove.
Ma d'altronde non è proprio lo stile particolare la ragione, od una delle ragioni per la quale queste reci vengono postate da maxbor? :lol:

96 cubic inch of good vibs

da scogghi il 16 ott 2009 17:09


MarioLino ha scrittoMa perchè vi intesite tutti quando parlo io?

PAURA EH? 8)

Io non mi intenzisco per nulla, sono pignolo e ci tengo alla precisione.
Spero di non deluderti dicendoti: paura direi proprio di no 8)
MarioLino ha scrittoLa mia era solo una innocente riflessione, che faceva delle considerazioni di carattere rischio-opportunità.

Io ti ho solo precisato che i validatori non fanno alcuna considerazione di carattere rischio-opportunità. Si attengono semplicemente al regolamento.
MarioLino ha scritto
Quando parlavo agli associati, mi riferivo agli iscritti al sito, ovvero coloro che possono fruire liberamente delle recensioni.

Ed io ho precisato che le recensioni non sono solo per gli associati, ma anche per chi è solo registrato.
MarioLino ha scrittoImmagino che se una recensione negativa non dà valore aggiunto agli iscritti (perchè troppo pesante, aggressiva) non c'è motivo di correre rischi nel pubblicarla. Senza alcuna polemica

Ripeto, non si fanno queste valutazioni.
MarioLino ha scrittoMi incuriosiva in generale il "coraggio" del Sole nel pubblicare una rece così negativa.

Se non ricordo male, sempre la Baresani qualche tempo fa aveva fatto una rece non molto positiva del Gold di Milano. Grande protesta pubblica dei proprietari verso il sole 24 ore. Sicuramente sarà stata una casualità, ma dopo pochi mesi è apparsa una nuova rece della baresani "riparatrice" :wink:

Comunque Maxbor ha chiesto di commentare le recensioni degli esperti. Non di discutere se tali recensioni sul mangione si pubblicano o meno.

Il pesce in mare e la padella sul fuoco.....

da MarioLino il 16 ott 2009 18:33


Scusate se sono andato fuori topic, su un tema a quanto pare delicato.

Però non ero così fuori topic.

Il mio ragionamento, forse troppo implicito, era: sono davvero così inutili le recensioni dei professionisti se a volte sembra che questi professionisti grazie alle spalle larghe (grossi gruppi editoriali dietro) e una certa autorevolezza riconosciuta (sono professionisti delle recensioni!) posso permettersi di osare ove noi mangioni a volte non possiamo osare (causa regolamento verosimilmente messo giù valutando "rischi e opportunità")

Da quello che intendo voi dite: noi possiamo osare anche oltre quello che osano i professionisti: bene, mi fido di quanto dite, non ho diretta evidenza di ciò che è stato rifiutato

da MarioLino il 16 ott 2009 18:35


In questo caso, se i Mangioni possono essere anche più severi dei professionisti, in questo senso allora sono anche più liberi. Questo non è tema da poco, ma non così banale mi sembra.

da cico140976 il 16 ott 2009 20:42


tiger ha scritto....Preferisco leggere recensioni di Silbusin, Bob, Cico, Luc83..etc. etc.... che sono gradevoli, abbastanza competenti (tu no Luc e neanche tu Cico :lol: :lol: ) e adatte a me.... :wink:


8) 8)

Attento che previo tortura ti propinerò 145 recensioni del Lucky Seven, compresa quella in cui Fante fu servito insieme al pollo Tandoori con una bella cucchiaiata di riso basmati a guarnizione...... :shock:

:D :D :D

**********************************
Anche un maiale può arrampicarsi su un albero quando viene adulato!! :)

**********************************
Hombre que trabaja pierde tiempo precioso...

da capohog il 16 ott 2009 20:58


cico140976 ha scritto
tiger ha scritto....Preferisco leggere recensioni di Silbusin, Bob, Cico, Luc83..etc. etc.... che sono gradevoli, abbastanza competenti (tu no Luc e neanche tu Cico :lol: :lol: ) e adatte a me.... :wink:


8) 8)

Attento che previo tortura ti propinerò 145 recensioni del Lucky Seven, compresa quella in cui Fante fu servito insieme al pollo Tandoori con una bella cucchiaiata di riso basmati a guarnizione...... :shock:

:D :D :D


... quella quando ci fu l'irruzione della buoncostume perché fante faceva
sesso estremo col pollo urlando: "Come sei caliente, brucio tutto!"
e il pollo "Pirla è il curry"? :shock: :shock:

96 cubic inch of good vibs

da cico140976 il 17 ott 2009 10:38


Esatto... 8)

Fante la prese molto, molto male....

:D :D :D

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Anche un maiale può arrampicarsi su un albero quando viene adulato!! :)

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Hombre que trabaja pierde tiempo precioso...

da maxbor il 22 ott 2009 15:11


RICETTE E VERDURE SMARRITE, LA CUCINA ROMANA TORNA NUOVA

In sottofondo un vecchio vinile dei Pink Floyd. Sul tavolo bicchieri di cristallo, candele, posate di gusto. Mentre l’oste, nei suoi impossibili pantaloni multicolore, declama il menu, racconta dei suoi incontri con Veronelli, discute di filosofie orientali. Trattoria della tradizione, ristorantino gourmet, cenacolo. E’ tutto questo L’Oste della Bon’Ora, pochi coperti e tanta passione a Grottaferrata, nel cuore dei Castelli Romani.
Ogni giorno da cinque anni Massimo, un fiume in piena in sala, e Maria Luisa, stacanovista in cucina, celebrano il loro inno gioioso alla cucina romana. Rivisitata, alleggerita. In una parola: moderna. Ma anche riscoperta, tra ricette antiche e verdure dimenticate. E così i rigatoni al sugo di coda hanno quella spezia in più che li impreziosisce. L’amatriciana, tiratissima, è in una cornucopia di formaggio. Sul tegame delle uova di quaglia piovono scaglie di tartufo. I ravioli al pecorino sono rinfrescati dal limone. A ogni contaminazione resistono classici senza tempo: la minestra di broccoli e arzilla, i fegatelli al vino bianco, gli gnocchi alla trippa.
Oltre alla carta, due menu degustazione, da 35 e 48 euro. E ancora: un menu vegetariano e un altro per celiaci, a testimoniare un’attenzione al cliente che ha il gusto antico dell’ospitalità familiare. Una cordialità che si riflette anche sul conto, mai oltre le righe. Un capitolo a parte meritano i vini. A partire quello della casa, frutto della ricerca tra i piccoli produttori della zona. Per proseguire con una lista che non ti aspetteresti in quella che si autodefinisce una semplice “osteria con cucina”: la selezione è ricca, lontana dalla banalità di tante carte-fotocopia. Un occhio di riguardo al Lazio, grande spazio alle altre regioni, e una puntatina in Francia. Una lista con un filo conduttore: l’amore per i “vini veri”, senza troppi trucchi in cantina, espressione del rapporto autentico tra il contadino e la vigna. Ma gli incontentabili del bere bene qui hanno una possibilità in più: portarsi da casa la loro bottiglia speciale.
Avvertenza finale: rifuggano questi tavoli i frettolosi e gli inappetenti. Qui il convivio, con i suoi riti, è storia seria, senza scorciatoie. E tra chiacchiere, brindisi, musica e risate è facile, molto facile, tirar tardi.

(Antonio Scuteri per Repubblica)

L’OSTE DELLA BON’ORA
Via Vittorio Veneto 133
Grottaferata (Rm)
Chiuso il lunedì
Tel. 06-9413778


Due osservazioni, una sulla recensione e l'altra per il ristorante.
Ritengo una carenza della prima la mancata descrizione dei dolci. Si poteva magari risparmiare altrove (mi pare che sui quotidiani le rubriche abbiano un numero di righe prestabilito) ma non tacere dellp'ineludibile "dulcis in fundo". :roll:

Una vera novità, invece, è la possibilità di portarsi il proprio vino da casa. E' la prima volta che leggo di questa possibilità, l'oste dela Bon'Ora ne è il precursore? :wink:

da maxbor il 22 ott 2009 15:12


RICETTE E VERDURE SMARRITE, LA CUCINA ROMANA TORNA NUOVA

In sottofondo un vecchio vinile dei Pink Floyd. Sul tavolo bicchieri di cristallo, candele, posate di gusto. Mentre l’oste, nei suoi impossibili pantaloni multicolore, declama il menu, racconta dei suoi incontri con Veronelli, discute di filosofie orientali. Trattoria della tradizione, ristorantino gourmet, cenacolo. E’ tutto questo L’Oste della Bon’Ora, pochi coperti e tanta passione a Grottaferrata, nel cuore dei Castelli Romani.
Ogni giorno da cinque anni Massimo, un fiume in piena in sala, e Maria Luisa, stacanovista in cucina, celebrano il loro inno gioioso alla cucina romana. Rivisitata, alleggerita. In una parola: moderna. Ma anche riscoperta, tra ricette antiche e verdure dimenticate. E così i rigatoni al sugo di coda hanno quella spezia in più che li impreziosisce. L’amatriciana, tiratissima, è in una cornucopia di formaggio. Sul tegame delle uova di quaglia piovono scaglie di tartufo. I ravioli al pecorino sono rinfrescati dal limone. A ogni contaminazione resistono classici senza tempo: la minestra di broccoli e arzilla, i fegatelli al vino bianco, gli gnocchi alla trippa.
Oltre alla carta, due menu degustazione, da 35 e 48 euro. E ancora: un menu vegetariano e un altro per celiaci, a testimoniare un’attenzione al cliente che ha il gusto antico dell’ospitalità familiare. Una cordialità che si riflette anche sul conto, mai oltre le righe. Un capitolo a parte meritano i vini. A partire quello della casa, frutto della ricerca tra i piccoli produttori della zona. Per proseguire con una lista che non ti aspetteresti in quella che si autodefinisce una semplice “osteria con cucina”: la selezione è ricca, lontana dalla banalità di tante carte-fotocopia. Un occhio di riguardo al Lazio, grande spazio alle altre regioni, e una puntatina in Francia. Una lista con un filo conduttore: l’amore per i “vini veri”, senza troppi trucchi in cantina, espressione del rapporto autentico tra il contadino e la vigna. Ma gli incontentabili del bere bene qui hanno una possibilità in più: portarsi da casa la loro bottiglia speciale.
Avvertenza finale: rifuggano questi tavoli i frettolosi e gli inappetenti. Qui il convivio, con i suoi riti, è storia seria, senza scorciatoie. E tra chiacchiere, brindisi, musica e risate è facile, molto facile, tirar tardi.

(Antonio Scuteri per Repubblica)

L’OSTE DELLA BON’ORA
Via Vittorio Veneto 133
Grottaferata (Rm)
Chiuso il lunedì
Tel. 06-9413778

queste le recensioni dei nostri Mangioni (Adem, Magritte e Caneciccio):

http://www.ilmangione.it/recensione.php ... ione=19721

http://www.ilmangione.it/recensione.php ... ione=20571

http://www.ilmangione.it/recensione.php ... ione=15036


Due osservazioni, una sulla recensione e l'altra sul ristorante.

Ritengo una carenza della prima la mancata descrizione dei dolci. Si poteva risparmiare altrove (mi pare che sui quotidiani le rubriche abbiano un numero di righe prestabilito) ma non tacere dell'ineludibile "dulcis in fundo". :roll:

Una vera novità è invece la possibilità di potersi portare il proprio vino da casa. E' la prima volta che leggo di questo tipo di offerta, l'oste dela Bon'Ora ne è il precursore? :wink:

da maxbor il 26 ott 2009 13:17


PRIMA IL SECONDO, POI IL PRIMO: UNA BIZZARRIA CHE HA IL SUO PERCHE’
Un locale romano inverte l’ordine, ma a richiesta rispetta quello tradizionale

La casa madre, famosa per il pesce, è sempre a Formia, aperta nel ’57 da Antonio e Vincenza, poi è stato il turno di Franco e Anna. Il cui figlio, Stefano, è sbarcato nel 2006 a Roma, a due passi da via Veneto e dal Tritone del Bernini. Il segreto è sempre quello: materia prima freschissima. Tre cose vi stupiranno: l’abbondanza di menu-degustazione, ben otto: solo carne, solo pesce, di soli primi piatti, vegetariano, per bambini, mediterraneo, a sorpresa, del Buon ricordo (che include il calamaro spadellato al profumo di rosmarino).Si va da 25 ai 100 euro, passando per due da 50. L’altra cosa è che, per tradizione, alla casa madre e anche a Roma si tende a servire il primo dopo il secondo, ma se il cliente preferisce l’ordine consueto non hanno nulla da ridire. La spiegazione risale all’infanzia di Stefano, quando la madre gli dava prima il pesce e poi la pastasciutta. Spiegazione: in genere l’italiano s’abbuffa coi primi e avanza i secondi. Ergo, meglio lasciare una forchettata di bucatini che mezza sogliola. La terza cosa è una bella carta dei vini, in generale, ma veramente ricca e ben pensata nel settore delle bollicine (Spumanti e Champagnes) di cui Stefano è innamorato quasi come sua moglie Elena, moscovita, addetta ai dessert.
A noi piace che in questo tempio del pesce ci sia il giusto spazio per quello azzurro (alici, pesce bandiera) e tutto il ventaglio, dal crudo al marinato, dal vapore al forno alla frittata all’umido, delle cotture. Lo chef, il romano Giuseppe Ferreri, ha mano sicura e saggia. Qualche piatto: tiella di polpo verace alla gaetana, calamaro ripieno, strozzapreti caserecci con ragù di polpo, gnocchi con ombrina di coffa, carbonara, chitarra con gamberi di Ponza, spiedino di calamaretti, mazzancolle all’erba cipollina, filetto di spigola in crosta di patate. Tra i dolci, raviolo di ananas farcito di sorbetto al limone su salsa di menta e crostata di ricotta e canditi sono tra i più richiesti. Servizio professionale e piccolo spazio all’aperto.

(Gianni e Paola Mura per il Venerdì di Repubblica)


CHINAPPI
Via di San Basilio, 70
ROMA
Tel. 06-4819005
Chiuso: lunedì
Costo di un pasto tipo (vino escluso): euro 65

da maxbor il 27 ott 2009 17:15


AL DECOLLO, OSTRICHE E VINO BIANCO

Immaginiamo un aeroporto. Il luogo più non luogo tra i possibili. Una frontiera, una linea fluida, un punto condannato a doversi misurare ogni istante con la sabbia che cade veloce nella sua clessidra tritatutto: come a dire, alta velocità, grandi numeri, bassa discriminazione di qualità gastronomica, senza contare, nessuna esclusa, tutte le ubbie, curiosità, idiosincrasie del mondo goloso che, tra un volo e un altro, si ricorda di mangiare. Difficile, senza dubbio, pensare a una aeroporto come a un luogo dove consumare peccati di gola. Già è tanto se tra i moltissimi gastro-souvenir griffati, in vendita tra un imbarco e l’altro, si riesce a trovare qualcosa di pur minimamente rappresentativa di qualche nicchia o eccellenza. E la regola non riguarda soltanto i nostri confini, perché anche girando per gli aeroporti più trendy del mondo, al dunque – leggasi: si mangia bene o male? – le note non sono così incoraggianti. Fa quindi bene al cuore, nel controverso marasma di eccellenza e di sconcerto di Fiumicino, trovare sorpresa e divertimento intorno a un piatto.
Eppure succede proprio così e i garanti sono una grande firma del vino come Frescobaldi e un wine bar vispo in cantina non meno che in cucina come l’enoteca Bleve, luogo di emozioni, scoperte e sorprese appena dietro il Senato. Perché, a ben vedere, cosa si aspetta un viaggiatore del mondo se non di trovare qualità e racconto che riporti al “luogo” da cui ci si imbarca? Ed è esattamente quello che succede agli imbarchi – settore B (ma anche all’A nazionale e al C, ci sono punti golosi) con la fusione della storia e dei grandi vini di casa Frescobaldi e dell’esperienza e la gioiosa sensibilità gastronomica della famiglia Bleve. Fa piacere, davvero, che al punto di snodo delle partenze nello spazio Unione Europea il tricolore sia rappresentato da un luogo agile, moderno, sensibile alle materie prime, alla qualità di un mangiare veloce, ma non “fast”. Da Bleve, con la straordinaria sensibilità della signora Tina Bleve, una autentica istituzione del buon senso (ma anche del senso del buono), si spazia dal pesce crudo alle ostriche, dal carpaccio di manzo alle selezioni di salumi, dalla tartare di chianina al grande plateau di formaggi. Il tutto con vini di emozione (tutti consumabili al bicchiere) e con un servizio sorridente, come i cantucci di casa abbinati a un Vin Santo di qualità notevole.
Davvero una bella vetrina per la tanto abusata formula del “made in Italy goloso”.

(Giacomo A. Dente per Il Messaggero)


FRESCOBALDI WINE BAR
Roma – Aeroporto Leonardo Da Vinci
Tel. 06-65958667 – Sempre aperto
Prezzo medio: 20-40 euro


Recensione con un lungo prologo "ambientale" infine arriva una sommaria elencazione del menu senza la descrizione di qualche piatto.
Da antologia il “veloce ma non fast”. Mi ricorda i “funghi champignons”.
E’ un po’ di tempo che non passo da Fiumicino, chi prima lo prova dica la sua.

da maxbor il 03 nov 2009 15:56


Oggi sul Messaggero

RE PER UNA NOTTE SULLA TERRAZZA DELL'HILTON
di GIACOMO DENTE

“C’è un oltre in tutto” scrive Pirandello nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore. E c’è quindi un oltre anche in cucina. Il problema è saperlo riconoscere, distinguendo la grandezza, l’emozione, la sorpresa dal gioco di prestigio costruito per impressionare un pubblico che confonde talvolta il “famolo strano” con l’eccellenza. Per fortuna a Roma quell’oltre esiste, consolidato ormai da anni e si trova in cima al Rome Cavalieri Hilton: tutta Roma sotto gli occhi del visitatore, quasi a consolidare una sensazione di presenza e di lontananza che immette in uno spazio di gioiosa rappresentazione del buono.
La cucina di Heinz Beck, lo chef bavarese innamorato dell’Italia (anche letteralmente, visto che la moglie Teresa è siciliana doc) fa pensare in qualche modo alla Ferrari. Spazi e attrezzature fantascientifiche, una squadra eccellente in tutte le sue componenti per un’esperienza a 360 gradi indimenticabile. La regia perfetta in sala di Umberto Giraudo e di Simone Pinoli, la cantina sterminata curata con provocatoria passione da Marco Reitano gli infiniti dettagli (dalla carta delle acque minerali alla selezione dei sali fino alle tisane infuse al momentoda un raffinato erbario) raccontano di un lusso che serve a immettere il cliente in una dimensione di “re per una notte”. Soprattutto servono a potenziare la sorpresa dei menu di Heinz Beck, esemplari per sapore nella leggerezza, oltre che nella loro sintassi gastronomica, vale a dire non sommatoria di piatti buoni, ma un vero e proprio percorso calibrato in termini di gusti, consistenze, contrasti. Una accelerazione dolce e continua che può partire da un etereo carpaccio di astice su puré di avocado e pomodori per proseguire con il sentore appena fumé delle ostriche alla griglia su crema di zucca e una “aria” (appena il sentore reso spuma) di prezzemolo. In omaggio a Roma lo chef si diverte anche coi classici spaghetti cacio e pepe, resi però indimenticabili con una piccola ma centrata citazione thai, grazie all’aggiunta di dolci gamberetti bianchi appena marinati al lime. Non solo sapori “soft” tuttavia nella tavolozza di Beck e quindi non sorprende, ma anzi convince l’inpennata della guancetta di maiale con scarola burrata e riso soffiato al peperoncino, un vero miracolo di equilibri golosi. Dire che la grande selezione di dolci conferma il piacere del tutto sarebbe banale. Non è banale invece la memoria netta di ogni sapore gustato. Non stordimento da cucina innovativa, quindi, ma una vera e propria esperienza culturale che rimane felice nel cuore e che obbliga a riflessioni e confronti sulla materia fluida del buono da mangiare.
giacomo.dente@ilmessaggerro.it


LA PERGOLA
Roma – via Cadlolo 101
Tel. 0635092152 www. romecavalieri.it
Chiuso domenica e lunedì (aperto solo la sera)
Prezzo medio: 200 euro
VOTO: 10-
SI’: l’esperienza della perfezione
NO: l’investimento per conoscere tanta perfezione

da maxbor il 05 nov 2009 17:36


L'ho ripescata dai ricordi

E' DA ANTOLOGIA :twisted: :twisted: :twisted:


Da Vittorio - Bergamo
articolo per il Sole 24ore Domenica, novembre 2003

Siamo da Vittorio, ristorante bergamasco di fama ormai decennale, soprattutto nel campo del pesce. Notorietà conquistata quando la ristorazione lombarda era prevalentemente carnivora e i gourmet, pur di mangiare del buon pesce, usavano “fare un salto” al Forte o a Portofino. Parlo naturalmente di quelle persone facoltose che non scarseggiano nel comprensorio bresciano e bergamasco. Fino a non molto tempo fa, i discorsi dei nuovi ricchi, oltre alle solite donne, auto e barche, montecarli e sardegne, a come far soldi senza rogne sindacali e poi metterli al riparo, terminavano regolarmente col dove andare a farsi “una mangiata” di pesce.
E Vittorio è stato per decenni una delle risposte più consuete a tale interrogativo.
All’arrivo, sul corso principale di Bergamo - poco illuminato alle nove di sera - un negro ti sorride rischiarando il buio con i suoi dentoni bianchi. E’in livrea rossa e tuba, proprio come quelli in legno che stanno sulla porta delle villette di cartapesta americane a simulare atmosfere da Via col vento. Il ragazzo, simpatico anche per questa sua anomalia paesaggistica, è lì per parcheggiare le auto e aprire la porta del locale. Suppongo sia anche il destinatario delle mance più consistenti, perché è rassicurante, ti fa sentire in uno di quei film di Eddie Murphy dove tutto finisce sempre bene. Entriamo dunque da Vittorio. La prima impressione è quella di trovarsi nel magazzino d’un droghiere alla vigilia di Natale: piramidi e colonne di barattoli di porcini, tonno, pesche al bourbon, fichi allo scotch, adeguatamente infiocchettati in un’ostentazione di opulenza da operetta. Nell’aria, fortissimo, l’odore dei tartufi. Sulla sinistra, invece, un grande tavolo con i pesci in bella vista; denticioni, oratone, scorfanoni, gamberoni, tutto in dimensioni “one”. Talmente grandi e tanti, che ci si chiede cosa ne faranno l’indomani.
Appliques a corolla, vetri satinati con disegni floreali, vasi con mazzi di fiori del genere “istituzionale”, quelli che si portano alla professoressa di latino e greco il giorno del suo compleanno. Credenze di scuro legno laccato, tovaglie in fiandra d’un verdolino satinato che fa venire in mente le vestaglie che prendono fuoco mentre la casalinga distratta passa accanto ai fornelli accesi. Mancherebbe solo una bambola di porcellana, ma in compenso nei bagni ci sono stucchi e statue marmoree dolenti, in simil Manzù. Il proprietario, un uomo imponente, segue con attenzione un po’ accigliata il lavoro dei camerieri, che in realtà sono efficienti, ma a lui evidentemente piace farli stare sul chi vive. Si capisce che gran parte degli avventori è di casa, perché Vittorio e la moglie stanno a lungo ai tavoli, poggiando magari la mano sulla spalla d’un cliente, mentre dialogano nell’idioma locale: “Trentasès ain che so’ che... perché stare a casa mi ‘noio”. Intanto, mentre arrivano degli insulsi stuzzichini, consultato il menu senza prezzo (quello per le signore), chiedo al mio accompagnatore se sia d’accordo a dividere con me il “Trionfo di crostacei al vapore” che va ordinato per due persone. Lo vedo perplesso; allora, dato che siamo in confidenza, gli strappo di mano il menu: 280 euro in due. Soprassiedo. E lascio perdere anche i primi con tartufo (quotati 70 euro) nonostante ci venga mostrata una scatola zeppa di tartufi grandi come pompelmi e straordinariamente profumati.
Intanto, sul tavolo viene appoggiata una brochure patinata che illustra contenuto e costo delle ceste natalizie, ciascuna col nome di un compositore classico, in un tripudio di caviali, salami nostrani, dolciumi, salmoni, spumanti e l’immancabile Dom Perignon. La più misera delle ceste, per prezzo e assortimento, la Chopin, costa 100 euro; mentre la più opulenta (1.500 euro) è ovviamente la Donizetti.
“Lasciatemi il vostro numero di telefono, che vi chiamo io” dice Vittorio a un gruppo di clienti: devono accordarsi per una “maialata” (il menu ha anche molti piatti di carne) e una “domperignonata”, cioè una degustazione di “annate favolose”. “Pòta, ti trovi meglio qui che a casa, ti sfoghi di tutto!” si dicono due commensali soddisfatti. Ottimo il pane, soprattutto quello di farina gialla (6 euro a testa) ma la mia insalata di mare tiepida è troppo bollita, e la maionese è superflua, come il “pesto delicato”, considerando che il pesce è già condito d’olio. Il signor Vittorio, che mi vede curiosa, ci offre gentilmente un assaggio di una grande orata al forno con carciofi e patate, destinata ai vicini. Anche qui lo stesso problema: pesce, carciofi e patate sono troppo cotti, e sulla già abbondante salsa al vino viene versato ulteriore olio. L’orata è di ottima qualità, ma prima di metterla in bocca devi scolarla. Intanto i vicini fumano di gran carriera, anche mentre mangiano, alcuni addirittura aspirando con le gote risucchiate, come muratori che tra un mattone e l’altro cercassero di respirarsi d’un fiato la sigaretta.
Le “Linguine al ragout di tonno e menta” sono inzeppate dei soliti ciliegini, e sul fondo del piatto resta un dito d’olio. 35 euro sprecati. Non parliamo della bistecca di tonno, resa viscida da una salsa all’aceto balsamico simile a quella che si usava negli anni Ottanta per il petto d’anatra. Ordino il “Gran fritto misto” per cui Vittorio va famoso. Puzza di fritto, è eccessiva la varietà di pesci, ed è caotico anche dal punto di vista estetico: nel marasma ci sono persino patate a striscioline e mele fritte. Mastodontico il carrello dei formaggi e ottima la piccola pasticceria. Infine vieni circondato da ben tre carrelli con cataste di cioccolatini: come non pensare ad Aldo Mondino e ai suoi geniali quadri “bizantini” fatti di cioccolatini Peyrano?
Il conto è sui 150 euro a testa, e te ne vai con l’impressione che in quel ristorante la cucina sia all’insegna di un malinteso: e cioè che la bontà stia nell’abbondanza pasticciata e costosa.
Ristorante da Vittorio, viale Papa Giovanni XXIII, 21 – tel. 035 218060


L'indirizzo è diverso. E' lo stesso locale che si è trasferito?

Se è così i Mangioni lo hanno valutato agli "antipodi" rispetto alla Baresani che, comunque, è un gran piacere leggere. :D

DA VITTORIO

Indirizzo: Via Cantalupa, 17
24100 Brusaporto (BG)
Telefono: 035681024
Fax: 035680849
info@davittorio.com
http://www.davittorio.com/

Prezzo Min/Max: € 135.00 / € 155.00
Carte di credito: Tutte
Accesso disabili: no
Area fumatori: no
Brunch: no
Pernottamento: si

RECENSIONI
20-07-2009 Segnalazione di Rubigno
19-03-2009 Recensione di SOLTUS
29-11-2008 Recensione di caifanes
02-09-2004 Segnalazione di sashimi

da maxbor il 06 nov 2009 10:16


VENEZIA, C'E' SPERANZA PER I MANGIONI?

DA "VINI DA GIGIO" PER SCUTERI C'E' UN'OASI FELICE


Venezia, un' oasi di resistenza nel cuore del mordi-e-fuggi
Repubblica — 28 ottobre 2009 pagina 45 sezione: VIAGGI
Oltre le finestre scorre placido il Rio di San Felice, con le vecchie case sul canale. Di fronte, ben più tumultuoso, un altro fiume: quello, umano, fatto di visitatori mordi e fuggi che percorrono la Strada Nova diretti a piazza S.Marco, nel cuore della Venezia più turistica. Ma proprio qui, dove meno te lo aspetteresti, da quasi trent' anni è aperta un' oasi di resistenza gastronomica. Vini da Gigio non cede alle tentazioni delle mode. Ma neppure si adagia nell' imitazione pigra dei bacari del tempo che fu. E se il servizio va un po' in affanno nei momenti di pienone, non vi preoccupate: il locale vi accoglie con il calore del legno alle pareti, e il tocco di romanticismo è regalato dalla magia della posizione. In tavola vince la tradizione, veneta prima ancora che veneziana, dove è il pesce a farla da padrone. Crudo, per cominciare: scampi, julienne di seppia, carpacci. Per chi ha voglia di sensazioni più antiche, ecco le sarde in saör e il baccalà mantecato. Trionfo di gusti dimenticati nei primi: saporosi bigoli con cipolla e acciughe, spaghetti alla granseola, tagliatelle con il nero di seppia. Tra i secondi uno dei pochi tocchi di modernità: l' onnipresente tagliata di tonno con semi di sesamo. Ma se capitate qui in autunno o in primavera non perdetevi la frittura di moeche, i granchi che nel periodo della muta si spogliano del guscio. Per tacere delle anguille alla griglia. Sapori veri, che non conoscono tempo. Per gli astemi la descrizione potrebbe finire qui. Per tutti gli altri c' è invece da aprire lo scrigno di una carta dei vini da un migliaio di etichette, che Paolo Lazzari ha curato e fatto crescere negli anni. Poca improvvisazione, tanta sostanza, e passione. Una lista che, grazie a ricarichi corretti, permette di scegliere bottiglie per ogni portafoglio, dal Soave al Pomerol d' annata importante. Avvertenza finale: buona materia prima, cucina schietta, nessuna disparità di trattamento tra turisti e "indigeni", conto che non fa a pugni con ciò che riceverete in cambio. Tutto ciò, nel centro di Venezia, è merce rara. Se davvero volete sedervi ad uno dei suoi pochi tavoli, prenotate. Sempre. a.scuteri@repubblica.it - ANTONIO SCUTERI

Tipologia: Ristorante
Indirizzo: Ca' D'Oro, 3628
30100 Venezia (VE)
Telefono: 0415285140
info@vinidagigio.com

http://www.vinidagigio.com/


Prezzo Min/Max: € 15.00 / € 30.00
Comodità
parcheggio: Scarsa
Prenotazione: Consigliata
Carte di credito: Le principali
Pernottamento: no

L M M G V S D
Pranzo
Cena

Aperto Chiuso

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