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da maxbor il 19 feb 2010 11:16


MARUBINI, BOLLITO CON MOSTARDA O COSTINE DI MAIALE AL BAR DELLO SPORT
I sapori semplici e forti della tradizione alle porte di Cremona

EDOARDO RASPELLI su La Stampa 19.02.2010.

La conoscevate come la città delle 3 T: Turùn, Turàss, Tetàss, che vogliono dire (perdonate la grafia): Torrone, Torrazzo e… Questi, fino a ieri, i simboli della città di Cremona: il duro dolce ghiottissimo, il Torrone, il Torrazzo, svettante emblema della città ed il particolare anatomico delle belle donne prorompenti di cui Cremona è fiera. Ma bisogna aggiungere una quarta T, quella di Trattoria.

Semplici, umili, modeste, ma vere: ne abbiamo già raccontata una, l’Hosteria del Cavo; in futuro ve ne racconteremo un'altra… oggi, eccovi questo posto che è struggente (ed autentico) già dall’insegna, quel Bar Sport, che sembra uscito da una canzone di Jannacci o Gaber e che invece è il prefisso dato 80 anni fa dal papà dell’attuale titolare. Siete ad un pugno di chilometri dal centro del capoluogo di provincia. Si lascia la capitale italiana delle lap-dance e del Poker Texas Hold'em e ci si inoltra verso la campagna, in direzione di Crema, lungo la strada statale 415. Il cemento lascia un po' di posto ai prati; nel verde, tra i campi di granoturco, costeggerete le acciaierie di Gianni Arvedi, passerete sotto i ripetitori dove Francesco Tartara sta per lanciare il polo televisivo Studio 1 ed arriverete in questo borgo da nulla, appena segnalato dalle mappe.

Un pubblico che più vario non si può che si mescola agli avventori più alla buona, a cominciare dagli operai (esistono ancora) per i quali, con 12 euro, la cucina offre primo, secondo, caffè e vino (1/4 o mezzo non fa differenza). Per loro, carbonara, spaghetti al ragù, arrosto o vitello tonnato… Fuori, al di là della strada, qualche posto macchina e lo spazio per alcuni tavolini all'aperto con la bella stagione; dentro, innanzi tutto, l’angolo bar e poi la saletta principale, accogliente ma essenziale con la tv (ma, per fortuna, spenta) e con i servizi esterni.

La casa ha 150 anni e 80 anni fa era, appunto, un bar. Il papà dell’attuale patron, classe 1901, lo trasformò in circolo dell’Enal e poi cominciò a dar da mangiare agli operai (che al sabato non lavorano e, quindi, ecco spiegato il giorno di chiusura). Gli affettati sono così così, ma i marubini (tortellini) in brodo valgono il viaggio, così come il ben assortito e grassino bollito misto con la mostarda riserva, o le costine di maiale arrosto. I dolci sono fatti in casa: zuppa inglese, tirami su, crostata ai mirtilli, la frutta messa via sotto spirito...

Mentre voi pagate il conto di 25-30 euro, il vecchio amico di casa, ex pasticciere, ripete il suo personale rito dell’amicizia: è passato dai suoi antichi colleghi, si sarà fatto dare un po' di dolci ulteriori e ve li regala sorridendo, porgendoveli alla buona su un tovagliolino di carta.

BAR SPORT TRATTORIA DA BEPPE
COSTA SANT’ABRAMO (CREMONA),
VIA VITTORIO VENETO 37
TEL. 0372.471030 340.3409081
CHIUSURA TUTTO SABATO E DOMENICA SERA
CARTE DI CREDITO NESSUNA

ULTIMA PROVA:7-12-2009
Voto: 12.5/20


Sul MANGIONE non ci sono recensioni né scheda.

da maxbor il 20 feb 2010 13:34


In un locale di classe (ma non classico) del centro storico di Roma, materia prima di qualità e piatti mai banali
OSTRICHE FRANCESI E PESCE DI PONZA PER CHI, PRIMA DI TUTTO, AMA IL FRESCO

Bello davvero, nell’accurata ristrutturazione, questo ristorante che si trova tra il Ghetto e Campo de’ Fiori, in un palazzo del Trecento, ex convento. Quattro salette (di cui una per fumatori), per una sessantina di coperti complessivi e una cantina ancora più antica, dove sono a disposizione circa novecento etichette ben selezionate. Il locale è stato aperto nell’aprile del 2007 da Enrico Pierri, radici napoletane, e da sua moglie Elena Lenzini. Li troverete entrambi in sala, da bravi anfitrioni, le con maggiori attenzioni ai vini, lui alla cucina.. Adesso detta la linea allo chef, Tommaso Maddalena, ma per anni ha lavorato ai fornelli.
Pesci e crostacei, vedrete all’ingresso e sulla carta. Le ostriche (quattro varietà) sono francesi, tutto il resto arriva dall’isola di Ponza, via Formia. C’è un menu degustazione (sei portate) a 75 euro. Siamo lì anche scegliendo dalla carta. Simpatico e appetitoso il cartoccetto di benvenuto: due alici fritte, una polpettina di merluzzo e un arancino di riso. Molto apprezzati i crudi, tartare e carpacci di pesce e crostacei. La materia prima è veramente di prima qualità, di assoluta freschezza. Chi non indulge al crudo avrà comunque mare per il suo palato: insalata di polpo con patate affumicate, fritto di calamaretti spillo con tempura di zucchine alla menta, vermicelli ai ricci, spaghetti con calamaretti di paranza e rosmarino, spaghetti di farro con acciughe, briciole di pane e peperoni cotti alla brace (ottimi, saporiti, coraggiosi), fritto di gamberi, calamari ne triglie (asciutto come si deve), pescato del giorno al sale o alla brace, al vapore, in umido. Pani, grissini, paste fresche e dolci fatti in casa. Per chiudere, cremolata di clementine, sorbetto al latte di mandorle, babà, caprese con gelato al latte di bufala. Ecco un locale non classico ma di classe, che emerge da tanti particolari, non ultimi puntualità e attenzione nel servizio. (Gianni e Paola Mura sul Venerdì di Repubblica del 19.02.2010).

SAN LORENZO – VIA DEI CHIAVARI, 4 – ROMA
Tel. 06-6865097
Chiuso a pranzo sabato e domenica
Ferie: dal 10 al 18 agosto
Costo di un pasto tipo (vino escluso): euro 70


Sul MANGIONE non ci sono recensioni né scheda.

da maxbor il 26 feb 2010 09:44


A Cuneo il ristorante Antiche Contrade soddisfa Raspelli.

A CUNEO BATTUTA DI FASSONE E TRIPPA LIGURE CON BORLOTTI
Nozze gastronomiche tra due regioni alle Antiche Contrade

EDOARDO RASPELLI su La Stampa del 25.02.2010

Gli orridi immani baracconi del luna park coprono la stupefacente bellezza di piazza Galimberti. Il cuore di Cuneo dedicato all’eroe della Resistenza, una delle piazze più grandi e più belle d’Italia, geometrico capolavoro della specularità, è offuscato dai banchi del torrone e dalle macchinine dell’autoscontro. Dove Hemingway assaggiava i cuneesi al rhum, oggi l’afrore dello zucchero filato si mescola a quello dei pop corn. Allora imboccate, parallela alla suggestiva porticata via Roma, la stretta via Savigliano, impreziosita di sanpietrini ma mal spalata dalla neve di fine inverno. Cento metri, tenete sulla sinistra quel gioiello a Quattro Stelle che è il Lovera Palace, mandato avanti con passione intelligenza ed abilità da Stefania e Giorgio Chiesa e, sulla destra, eccovi in quello che era il cortile ed il ricevimento del buon «tre stelle» Hotel Ligure, ridimensionato ma abbellito, il gastronomico gioiello costituito dal ristorante Antiche Contrade.

In cucina, Luigi Taglienti, classe 1980, scuola alberghiera a Finale Ligure, esperienze all’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano, Cracco Peck a Milano, Claudio a Bergeggi, la Meridiana di Garlenda... un giovane chef che realizza con leggerezza maestria e professionalità i sogni di Giorgio Chiesa. Il risultato è una cucina fresca, leggera, entusiasmante, che vi prenderà per la gola per come realizza l’incontro tra classicità e fantasia, tra Liguria e Piemonte. Il menu firma i nomi dei fornitori: le farine Sobrino, il parmigiano Bonati, i volatili Greppi, la carne Martini, il pesce Sanremo Pesca, i formaggi Parola... il top per il top!!!
Lo squadrato nero piattone di ghisa porta i solari assaggi del pre-antipasto: la deliziosa gelatina di Crodino si unisce alle chiacchiere salate, alla sfoglietta al Parmigiano Reggiano, alla frolla con insalata russa, al soave bocconcino di carne cruda. E poi, dalla carta, bevendo il Barbera d’Alba Bruno Giacosa 2007, scelto da una lista che è un inno al Piemonte dai prezzi equilibrati, ecco l’eleganza del vitello tonnato, la sapidità della moderna bruschetta di sella di coniglio e del tartufo nero di Monte Male (sopra Dronero) con la battuta di vitellone fassone, il fresco originale accostamento di cotto e di crudo di carciofi e bianchetti la succulenza del ris e coi (riso e cavolo) con salsiccia di vitella e dei maccheroni con colatura di alici e trippa, la «sbira» (la trippa ligure) rossa ai fagioli borlotti.

Fantastico il minuscolo pre dessert (panna cotta al sedano), straordinaria la piccola pasticceria, meravigliose le mele caramellate, un capolavoro il gelato alla vaniglia, perfetto l’assortito caffè. Alla carta 90-100 euro, ma menu degustazioni dai 25/45 dei mezzogiorno di lavoro ai 55-65 della tradizione. Cuneo è davvero... Granda.

RISTORANTE ANTICHE CONTRADE
VIA SAVIGLIANO 1, CUNEO
TEL. 0171.480488
FAX. 0171.603435
SITO WWW.ANTICHECONTRADE.IT
CHIUSURA CHIUSO DOMENICA SERA E LUNEDÌ
CARTE DI CREDITO TUTTE

ULTIMA PROVA:12-2-2010

Voto 16.5/20



Sul MANGIONE ci sono due recensioni del 2008 di Acidrave (cappello blu) e SOLTUS (cappello verde).

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=1643

da maxbor il 01 mar 2010 11:49


CHEESECAKE, FRIARELLI E BACCALA' MAGIE D'INTERLAND NAPOLETANO
Antonio Scuteri su Repubblica — 24 febbraio 2010 - sezione: VIAGGI

In quello sguardo timido e deciso, quando si avvicina al tavolo per il consueto «Tutto bene?», c' è già tutto. La stanchezza di fine servizio, la passione per il lavoro, la curiosità, la speranza di essere stata all' altezza delle aspettative. Sì, tutto bene. Perché Marianna Vitale, giovane cuoca di Sud, è uno di quei talenti che, cercando, si trovano anche dove meno te li attenderesti. E quindi non fatevi scoraggiare dal traffico sulla tangenziale. Non fatevi intristire dai capannoni e dalle case senza intonaco, e arrivate fiduciosi a Quarto, hinterland napoletano. Siete nei Campi Flegrei, zona di splendori archeologici e brutture contemporanee. L' armonia la ritroverete entrando in una sala bianca e moderna, con una bella cucina a vista. Nei piatti di questo locale, aperto da meno di un anno, nessuna voglia di stupire fine a se stessa. Prodotti semplici, accostamenti a volte inediti, altre semplicemente azzeccati. E non è poco. A dimostrazione che né tradizione né territorio sono prigioni, ma porte aperte. Si parte con un "cheese cake": ricotta infornata sormontata da baccalà e condita da pomodori confit e bucce di limone. Caldo e freddo, acido e grasso in competizione sul palato. La lasagnetta di lingua di vitello, friarielli e crema di provola su guazzetto di frutti di mare convince, pur peccando di un eccesso di sapidità. Giochi mare e terra con i primi. Le linguine con porro, salsiccia pezzente e fasolari e le fettuccelle con crema di provola, seppie e buccia di limone sono un concentrato di gusto e profumi in sottile equilibrio. Mano sicura e buoni contrasti nella rivisitazione del classico tortino di alici con scarola, arricchito da noci e mozzarella, su salsa di zucca. La chiusura è dolce e golosa con il cremoso al caffè e zabaione alla liquirizia. La carta dei vini? Non originalissima forse, ma calibrata. Anche nei ricarichi. Avvertenza finale: il rapporto qualità/prezzo è espressione ormai fin troppo abusata. Ma qui si esagera, in senso buono ovviamente. Trovare un menu degustazione di sei portate, e di questo livello, a 35 euro è evento raro. Approfittatene.

Ristorante SUD
Via Santi Pietro e Paolo, 8
QUARTO (Napoli)
Aperto solo a sera, chiuso lunedì.

Tel. 081-0202708


http://www.dissapore.com/mangiare-fuori ... to-napoli/

Sul MANGIONE non ci sono scheda né recensioni.

da maxbor il 11 mar 2010 10:33


NUOVE TRADIZIONI LOMBARDE L'IMBARAZZO E' NELLA SCELTA
Antonio Scuteri su Repubblica — 10 marzo 2010 sezione: VIAGGI

Dice una regola empirica dei frequentatori di ristoranti: non fidatevi dei menu con piatti dai nomi troppo lunghi, in genere a interminabili liste di ingredienti corrispondono confusione e poca sostanza. Ma ogni regola, si sa, ha le sue eccezioni. Una la trovate nella prima campagna che circonda Vigevano. Nella bella villa che ospita I Castagni potete accomodarvi davanti alla vetrata che affaccia sul giardino, reso ancora più romantico da una leggera bruma. Assistiti da un servizio sorridente, avrete un unico imbarazzo: quello della scelta. Sono molte, infatti, le tentazioni proposte da un menu improntato sul territorio e su una tradizione rivisitata, in modo intelligente, da uno chef tanto riservato quanto sicuro tra i fornelli. Si parte con un trionfo del quinto quarto: testina di vitello bollita affettata e spalmata di salsa verde con spezzatino di animelle, guancia, lingua e carciofi. Oppure con la sontuosa variazione di fegato grasso: alternanza di petto d' oca marinato e fegato affumicato, terrina di fegato e mostarda, cremoso di fegato e fichi. Il risotto Carnaroli al vermouth con purée di spinaci e sedano rapa, mantecatura di Gorgonzola, pesto di noci e salvia riesce nell' ardua impresa di trovare una sintesi tra i suoi tanti elementi. Più essenziale, e giocato sulla pienezza del gusto, il coscio d' oca (che nella vicina Mortara ha la sua patria d' elezione) ripieno di prosciutto. Si chiude con un dolce che è un piccolo viaggio nella pasticceria lombarda: torta paradiso di Pavia, crema caramellata di riso e latte, pere gelatinate al vino rosso e "rusumà" spumosa di sangue di Giuda. Prova più creativa con la millefoglie di cialde di Cantucci e spuma di Ricciarelli, zabaione al Vin Santo, gelato al pepe e alloro. Avvertenza finale: siete in un rinomato, e pluripremiato, bastione della ristorazione lombarda. Ma il conto sembra non risentirne, sia scegliendo alla carta che optando per uno dei tre menu degustazione da 55 euro. Il rischio, semmai, è non saper resistere alle sirene ammaliatrici di una cantina ricca, profonda e non banale.

Ristorante I CASTAGNI - Vigevano

Sul MANGIONE ci sono dieci recensioni, con cappelli di vario colore, tra le quali quelle di alcuni nostri big (Silbusin, Princess) che - sebbene datate - non sono per nulla entusiasmanti.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=935

da maxbor il 12 mar 2010 11:09


ALL'AGRITURISMO VEGGIA DIAN I SAPORI DEL'ENTROTERRA LIGURE
Gnocchi al pesto, carciofi e "stroscià" a Diano Marina

Un agriturismo che è piaciuto a EDOARDO RASPELLI, ieri su La Stampa.

E’ la Liguria una terra leggiadra./Il sasso ardente, l’argilla pulita, s’avvivano di pampini al sole./È gigante l’olivo/A primavera appare ovunque la mimosa effimera». Così i versi immortali di Vincenzo Cardarelli, che i sessantenni hanno imparato a memoria alle scuole elementari. «Iddio prese un musico mare e lo spinse a sospirare contro ciottoli d'argento...» così Angiolo Silvio Novaro: il primo a tutta la regione, alla sua Liguria; il secondo alla sua città, Diano Marina.
Probabilmente, oggi, entrambi non la riconoscerebbero più, con i tronchi degli aranci selvatici che stentano ad abbellire il corso principale, parallelo all’Aurelia, dove case e casermoni degli Anni Sessanta, tra pensioncine ed alberghi su due brutte file parallele hanno distrutto e cambiato il paesaggio.

Ma la campagna, è subito lì, all’indentro di qualche centinaio di metri, tra l’apparire sorprendente dell’edicoletta sacra, tra l’abbaiare di un cane randagio, tra canne e palmizi che spuntano miracolosamente prendendo il posto del vetro-cemento. Alla «vecchia Diano» Marina è dedicata questa azienda agricola multiforme e ricca, nella sua squillante solare semplicità. La mandano avanti, da soli, i componenti di un’intera famiglia: Andrea Mantello, giovane chef di scuola alberghiera, papà Piero, mamma Sandra, la sorella Valentina e il di lei fidanzato Corrado. Si alternano, si distribuiscono i compiti tra sala, cucina, ristorazione ed albergazione e, soprattutto, agricoltura. Già, perché la campagna dà, innanzi tutto, i carciofi, quelli spinosi, caratteristici della zona di Albenga e dintorni, poi tutto il resto degli orti, verdure coltivate in campo aperto o in serre. Ci sono anche quattro camere matrimoniali, semplici ma confortevoli ed accurate, il bel giardino, l’ampio parcheggio…

I piatti vengono forniti secondo un menu guidato che dovrete obbligatoriamente prenotare e che viene servito, fuori dall’alta stagione, dal venerdì sera al mezzogiorno dei giorni festivi, domenica compresa. Ed eccovi, sul solco della tradizione, con una spesa media di 30 euro: squisito salame loro di Sant’Olcese, frittelle di cipollotti novelli, sformato di carciofi e porri, cima alla ligure con deliziosa salsa verde, farinata irresistibile come il pane e la focaccia, corroborante minestrone di verdure, trippe con fagioli, ravioli di ricotta e carciofi assolutamente sublimi indimenticabili meravigliosi fantastici, gnocchi di patate al pesto, rollata di coniglio, brasato di vitellone, fritto di calamari, formaggi cuneesi, crostate casalinghe, tirami su, la «stroscià» ligure (che ricorda la sbrisolona mantovana). Bontà in semplicità.

AGRITURISMO VEGGIA DIAN
DIANO MARINA (IM), VIA GOMBI SAN SIRO 1
TEL. 0183.400594 338.1592992
WWW.VEGGIADIAN.IT
SOLO SU PRENOTAZIONE. APERTO IL WEEKEND (IN ESTATE TUTTE LE SERE)

PROVATO IL 18-2-2010

Voto: 13,50/20

Sul MANGIONE ci sono quattro recensioni, tutti cappelli verdi.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=41605

da maxbor il 18 mar 2010 10:57


IN TERRA DI BARBARESCO QUANDO BASTA LA PAROLA
Repubblica — 17 marzo 2010 Sezione: VIAGGI

di ANTONIO SCUTERI

E' vero, il servizio un po' arcigno ne guadagnerebbe da qualche sorriso in più. E, non c' è dubbio, l' ambiente non è stato certo curato da un architetto di grido. Ma, in fondo, nei ristoranti si va soprattutto per mangiare (e bere) bene. E allora ci si può sedere fiduciosi in questo ristorante, Antinè, a due passi dalla torre medievale, al centro di un piccolo borgo dal nome importante: Barbaresco. Come dire: basta la parola. Sarete ripagati da una cucina che esalta i grandi prodotti di Langa, segue il ritmo delle stagioni e, qua e là, tenta qualche moderata innovazione. Accomodati in una sala che sembra una casa privata, ecco arrivare sulla tavola antipasti come le lumache giganti di Cherasco gratinate, terrigne e succulente quanto basta. O la dolcezza suadente della battuta di vitello piemontese con uovo di quaglia, parmigiano e tartufo nero, vero concentrato di profumi. Si resta nel Piemonte profondo con gli gnocchi di patate e castagne al Castelmagno, dal giusto equilibrio. Si alternano, invece, territori e materie prime con i ravioli di patate e foie gras con composta di cipolla rossa. Tra i secondi, difficile rinunciare a un classicissimo, godurioso, uovo in cocotte al forno con tartufo. Chi invece cerca un piatto più sostanzioso, potrà optare per il saporito, e calorico, scamone di vitella in doppia panatura con gnocchetti allo zafferano. Trionfo della tradizione al dessert, dal bonet al soufflé. E chi pensa che la panna cotta sia un dolce di poco conto, la assaggi qui: capirà le ragioni della sua antica fama. In alternativa, o di supporto, dipende dai limiti del proprio appetito, una selezione di formaggi del territorio. Al momento del conto si resta entro limiti ragionevoli: menu degustazione a 44 e 52 euro, poco di più alla carta. Avvertenza finale: a poche decine di metri dall' ingresso del locale c' è la cantina dei Produttori di Barbaresco, a fianco il quartier generale di Angelo Gaja. Tutt' intorno ogni collina rimanda ai nomi di grandi vini. Inevitabile che tutto ciò si rifletta in una carta ricca come poche, che saprà rendere felice ogni amante delle belle bottiglie.


Ristorante ANTINE' - Barbaresco (Cn)

Sul MANGIONE ci sono quattro recensioni: tre cappelli BLU ed uno VERDE.


http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=2394

da capohog il 18 mar 2010 11:08


E' un buon ristorante ci son stato a novembre (ho perso la ricevuta e quindi non ho potuto fare la rece :oops: ), ho mangiato cucina tradizionale con soddisfazione...
merita veramente la visita anche la cantina dei produttori del barbaresco, che fa anche degustazione a bicchiere. Volevo tornarci una volta a primavera

96 cubic inch of good vibs

da maxbor il 01 apr 2010 09:44


ECHI FELLINIANI E PIATTI CULT E' IL TRIONFO DELLA ROMAGNA
Di Antonio Scuteri
Repubblica — 31 marzo 2010 sezione: VIAGGI

La trattoria più bella d' Italia? Giudizio impegnativo non avendole, ovviamente, visitate tutte. Maè difficile resistere alla tentazione dell' iperbole addentrandosi nell' affascinante sequenza di sale, grotte, scale, cantine, soppalchi e archi che compongono questo originale labirinto del gusto. Se a tutto ciò si aggiungono la magia delle "Sette stufe" volute e ideate da Tonino Guerra, e i richiami felliniani di disegni e atmosfere, il quadro del La Sangiovesa è completo. Siamoa Santarcangelo, cuore di Romagna. Le luci di Rimini e Riccione sono vicine, ma lontanissime: qui per attirare i turisti si punta su cultura e buon cibo più che su discoteche e grigliate miste. E in tavola vincono i sapori schietti della tradizione e del territorio. Cucina senza mezze misure, gioiosa e calorica: chi cerca innovazione e leggerezza non è capitato nel posto giusto. Si potrà così iniziare il pasto con una girandola di frittatine, con patate, con erbette, con zucchine: sapori di casa sempre attuali. Oppure optare per un godurioso squacquerone, rucola e fichi caramellati. Tra i primi il trionfo della pasta "rigorosamente fatta in casa", come recita il menu. E non potrebbe essere diversamente. Si va dalle ultraclassiche lasagne verdi fino agli gnocchetti di ricotta con crema di formaggio di fossa, cardi e tartufo nero. Con una menzione speciale ai profumi intensi degli strozzapreti con puntine di maiale, erbe aromatiche e ceci. Semplicità e prodotti selezionati tra i secondi. Ai vegetariani sono dedicate due carte specifiche, ma per tutti gli altri è la carne a farla da padrona, quasi per ribadire la lontananza, ideale più che fisica, dalla costa. Ecco allora la salsiccia artigianale alla griglia con cipolla bianca o, per gli appetiti più robusti, uno stinco di maiale glassato al forno. Al momento del dessert ciambelle, creme e torte che ricordano i dolci sfornati dalla nonna quelle domeniche di tanti anni fa. Avvertenza finale: di stretta osservanza romagnola la lista dei vini, esaustiva nella sua estrema specializzazione. Uscirete comunque col sorriso sulle labbra, aiutati da un conto che non supera i 40 euro.

OSTERIA LA SANGIOVESA - Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini)

Sul MANGIONE ci sono sette recensioni: sei cappelli verdi ed uno blu.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=4463

da maxbor il 02 apr 2010 09:09


TORINO DISASTER PER RASPELLI CHE REGISTRA UNA DELLE SUE PEGGIORI ESPERIENZE LIQUIDANDOLA CON UN VOTACCIO: 3,5/20 !!!


COM'E' TRISTE MANGIARE LA DOMENICA ALLA CLOCHE
A Torino mediocri agnolotti e risotto da refettorio

di EDOARDO RASPELLI su La Stampa dell' 1.4.2010

Non ce l’ho con loro: se mandano avanti un ristorante in cui ho fatto una delle peggiori esperienze gastronomiche di tutta la mia vita, è colpa mia l’esserci venuto! Non ce l’ho con loro: se l’ambiente è triste e malinconico e se la cucina è dello stesso modestissimo livello, loro non sono poi più di tanto i responsabili: la gente se ne accorge, non ci va più e sono cavoli amari per loro! No, me la prendo con le guide preparate dai gastro-gonzi, che magari hanno chissà quale aureola di validità e poi, alla prova dei fatti, si rivelano spesso per quello che sono: dei creatori di trabocchetti.

Quanti guai ha fatto la Michelin in Piemonte! Qui, alla periferia di Torino, sentite come invita i gonzi ad andare alla Cloche (forse, la campana li ha fatti rincretinire): «Funghi e tartufi in autunno, i prodotti della campagna in primavera… Quale che sia la vostra scelta, questo grazioso locale offre ai suoi ospiti la passione per la tradizione gastronomica piemontese».

La casotta degli Anni Sessanta è già un pugno in un occhio fuori, nel verde che avrete attraversato uscendo da Torino e salendo verso Villa Sassi e i prati e i boschi che la circondano. Dentro, tutto rimanda al 1968, anno della sua nascita, ma in un ambiente che induce malinconia. Personale raccogliticcio e avventizio, chiamato per dare una mano il sabato e la domenica, sembra saltato fuori da quel capolavoro della cinematografia di settore che è il film Camerieri di Leone Pompucci. Sul tavolino ci sono già pronti gli stuzzichini, in carta i vari piatti di pesce non ci sono in cucina, chiedi dall’elenco dei vini un Nebbiolo Bruno Giacosa e ti dicono che non ce l'hanno ma, in compenso, ti propongono un altro vino (del 1964!!! Ma che se lo bevano loro, chissà come l’hanno conservato: sotto, nel seminterrato, accanto alle fredde toilette, vedrete esposte bottiglie impolverate, quasi reliquie, proprio come si faceva negli Anni Settanta!).

Passando il palmo della mano sul collo della tua bottiglia per evitare che cada la goccia, in pratica ti fanno mangiare, a te e a chi ti accompagna, quello che vogliono loro, quelle poche cose che hanno fatto oggi, domenica e mezzogiorno, per quei quattro gatti che sono stati presi per il c... come voi dalla Guida Michelin. Dalla mezza forma di grana una scaglia, poi insalata con noci e sedano, irriconoscibile carne cruda all’albese (boh?!), mediocri agnolotti al sugo d’arrosto, risotto alla salsiccia da refettorio di collegio. Chiedi l’indicato vitello tonnato ma non c’è: ti propongono, insistendo, il brasato… Il caffè è pessimo. Alla carta sarebbero 65-75 euro a testa ma a me, in due, mi hanno chiesto 95 euro: troppo pochi per mangiare bene, troppi per mangiare così male in un posto così triste . Fuori, oltre la finestra, sosta un motoscafo: prendetelo e scappate.

RISTORANTE LA CLOCHE DAL 1968
TORINO, STRADA DEL TRAFORO DI PINO 106
TEL. 011.8992851 8994213 FAX 011.8981522
SITO WWW.LACLOCHE.IT
CHIUSURA CHIUSO DOMENICA SERA E LUNEDÌ
CARTE DI CREDITO TUTTE

PROVATO IL 7-3-2010

Voto 3,5/20


Sul MANGIONE ci sono due datate recensioni con cappelli blu.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=271

da maxbor il 14 apr 2010 08:46


Oggi Chefalfio su Repubblica! Domani la recensione. :wink:

da maxbor il 15 apr 2010 08:18


FOIE GRAS, LIBRI E INNOVAZIONE IL BUON GUSTO E' SOVVERSIVO
Repubblica — 14 aprile 2010 sezione: VIAGGI
di ANTONIO SCUTERI

Strana creatura, questo Sempione 42. Entri, lasciandoti alle spalle il vialone milanese, e l' impatto è quello di una moderna trattoria. Un bancone, tanto legno, libri, un soppalco che ricorda una casa di ringhiera. Poi apri il menu, e ti imbatti in una cucina golosa e innovativa, che dalla tradizione prende solo spunto per cercare strade nuove. E infine c' è lui, Andrea Alfieri, "sovversivo del gusto": tanto rigore nella scelta delle materie prime e selezione etica di produttori e fornitori. A vederlo, mentre con lo sguardo che tradisce la stanchezza chiacchiera con le sue aiutanti, incarna perfettamente l' iconografia dell' oste, massiccio e un po' burbero. Non c' è però niente di burbero o massiccio nei piatti che arrivano in tavola. Anzi. Il benvenutoè una crema cotta di Strachinunt: per fortuna sono poche cucchiaiate, altrimenti potrebbe dare dipendenza. Sulla stessa linea il foie gras in quattro versioni: spuma in cannolo di fichi e riduzione di Campari (un po' troppo amara); terrina con gelée di melograno; crème brulé con pere; gelato con salsa di mele. Appagante l' uovo di Parisi caramellato con crema di carciofi e parmigiano. Tra i primi colpisce l' equilibrio degli spaghetti con trippa di baccalà e schiuma di parmigiano: sapori forti che riescono a non confliggere. Gli gnocchi di patate con carciofi, coniglio e mantecato al pecorino di Pienza percorrono, bene, strade già battute. Bello il contrasto di temperature e consistenze del cotto e crudo di capesante con puntarelle, legate e ingentilite da un' emulsione di burrata. Sostanza e buoni accostamenti nella coppa di maialino alla birra e senape con cavolo crauto all' agro e passata di mela renetta. Si chiude in dolcezza con il classico zabaione in tazza, accompagnato da un profumato pan di mein. La carta dei vini? Ridotta, ma non banale, con una predilezione per i biologici. Avvertenza finale: a Milano, si sa, la qualità viene fatta pagare a caro, carissimo prezzo. Onore al merito, quindi, per il conto ragionevole, con menù degustazione da 45 e 60 euro.

Ristorante SEMPIONE 42 - MILANO

Sul MANGIONE ci sono 50 recensioni: 26 cappelli blu, 22 verdi ed 2 ocra.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=11732
Ultima modifica di maxbor il 15 apr 2010 09:11, modificato 1 volta in totale.

da vgaber il 15 apr 2010 08:55


10 son solo le ultime, complessivamente il sempione è stato recensito 50 volte :wink:

Tutte le parole sdrucciole, come tutti i sentimenti sdruccioli, sono naturalmente ridicole.

da maxbor il 16 apr 2010 09:23


Per Raspelli l'Acquerello merita un viaggio di centinaia di chilometri, per il nostro sogliolone sarebbe invece da evitare


ZUPPA DI COZZE CON FAGIOLI E TARTARA DI MANZO IN RIVIERA
All'Acquerello di Ospedaletti emozioni di mare sposano quelle di terra
EDOARDO RASPELLI su La Stampa del 15.4.2010

Un uomo e tre donne, un maschio e tre femmine; uno chef del sesso forte e tre aiutanti del gentile sesso... Ce ne sarebbe per litigare, per andare stesi... Ce ne sarebbe per discutere da mattina a sera, da far arrabbiare clienti sbalestrati, e invece, e invece... Certo, i caratteri sono ben diversi (e ve accorgerete subito) ma i risultati sono eccellenti. Insomma, per me, per voi, un’ennesima scoperta, un posto che vale il viaggio di chilometri, di centinaia di chilometri. Qualcuno, magari, si arrabbierà per le porzioni non sempre grossissime, ma sapeste che bontà, che soavità, che sapore, che sapori, che leggerezza. E se poi pensate che questo locale, sconosciuto a guide piccole e grandi, me l’ha suggerito uno chef...! Insomma, sono tanto bravi che i colleghi non li odiano, non ne temono la concorrenza, anzi. Mauro il cuoco-patron e poi le sue tre compagne, moglie e due figlie, che lo affiancano tra sala e cucina: Sandra, travolgente, tra i tavoli; Marisa (anche pasticciera) e Martina ai fornelli. La padrona di casa vi travolgerà: nel suo divertente italo-americano vi metterà la mano sulla spalla, a voi ed alla vostra moglie o fidanzata o collega, e vi chiamerà per nomignolo: «Dolcezza, amore, miele...».

E dolcezza amore e miele troverete una volta arrivati sul lungomare di Ospedaletti. In un angolo come questo, zona di grande passaggio, proprio a filo d'acqua, non vi aspettereste certo un posto come questo: parcheggiate, varcate la soglia elegante ed eccovi prima in un atrio con qualche tavolo (occhio agli spifferi d’aria), poi in una sala che si allunga di fronte alla cucina da dove che ci lavora non uscirà che per andare a casa.

Per prima cosa ci sono due menu (a 45 e 55 euro, oltre alle bevande) per gli ospiti di tutto il tavolo e poi il menu alla carta (65-75 euro per un pranzo medio completo), che giustamente allinea poche cose ma tutte fatte come si deve, unendo la tradizione del mare a fantasia e ricerca (ma senza strafare): tartare di manzo di bovina piemontese, uovo con vellutata di patate e rossetti, calamari con passata di ceci e guanciale, trippa in umido, zuppa di cozze con fagioli di Pigna, gallinella ai carciofi, baccalà alla piastra con verdure in agrodolce. Poi i formaggi selezionati e stagionati dal grande Franco Parola di Saluzzo. Il tutto con pane e focacce fatte in casa con le farine del Molino Marino di Cossano Belbo (Cuneo).
Si chiude con originale tirami su o con sorbetto all’arancia e gelato alla crema. Ed anche stavolta sono stato più forte, ahimè, del bendaggio gastrico (ma il mio anello è ancora piuttosto aperto, per ora, e passa se non tutto, molto, troppo... ma quando il tutto è buono così... gnammy !).

Voto 15,5/20


Ristorante ACQUERELLO di Ospedaletti (IM)

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=13371

Sul MANGIONE una sola segnalazione, cappello giallo, di sogliolone:

http://www.ilmangione.it/recensione.php ... ione=20128

da maxbor il 20 apr 2010 09:25


Per i coniugi Mura è un buon posto, per i Mangioni meno.

LA REGOLA DELLA FRATELLANZA TRA CUGINI: CUCINA MILANESE E SALAME DI PAVIA
di Gianni e Paola Mura – Venerdì di Repubblica del 16.4.2010

Ferdinando e Luigi De Lazzari sono cugini, con compiti e caratteri molto diversi. Tra sala e cantina il primo, più taciturno e riflessivo. Ai fornelli il secondo, più estroverso e sanguigno. In comune hanno la fede calcistica (Inter) e la passione per la buona tavola. La Fratellanza, in questa frazione di Gaggiano, fu aperta dai nonni Gaetano ed Erminia prima della guerra del ’15 – ’18. Se non ha un secolo, poco ci manca. Poi fu la volta di Carlo e Iolanda, di Achille e Ida, genitori degli attuali titolari. Una volta era un’osteria di paese, dove i contadini e i muratori andavano a giocare a tressette, a bocce a morra /ancorché vietata). Questo tipo di clientela si è assottigliato fino a sparire. Adesso la trattoria è meta di capatine fuori porta. Con la bella stagione si mangia all’aperto.
Buoni affettati, su tutti il cotechino prodotto da un loro amico di Trezzano (c’è ancora chi alleva e ammazza il maiale a pochi chilometri da Milano), serviti coi sott’aceti della casa.
La linea gastronomica è strettamente lombarda, anzi milanese. A essere pignoli, solo uno dei risotti è alla monzese (niente zafferano, ma pomodoro e salciccia), e il salame d’oca è targato Pv più che Mi, ma sono dettagli. Detto che nei mesi freddi qui molti vengono per la cassoeula, vediamo le offerte di questo periodo.
Zuppa d’oro (con pomodoro, cipolle e farina gialla), ravioli di brasato, minestrone reddo, costoletta alla milanese (alta, vecchio stile), pollo alla diavola o alla cacciatora, coniglio arrosto, ossibuchi, punta di vitello ripiena, costine di maiale al forno. La trippa, solo su prenotazione. Tra i dolci spicca lo zabaione, fatto sul momento, all’antica: il basso costo (4 euro) evita di pensare all’alto numero di calorie. Carta dei vini ridotta, ma con simpatiche bottiglie d’Oltrepò e, senza esagerare, d’altre zone.


TRATTORIA LA FRATELLANZA - Gaggiano (Mi)

Sul Mangione sette recensioni. Nessun cappello blu, quattro verdi, due gialli ed uno rosso.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=137

da maxbor il 08 mag 2010 09:25


L'Osteria del Conte di Dalmine, per Raspelli un outsider che crescerà ancora

RAVIOLI AI TRE ARROSTI, TRIPPA E DOLCE DELLA ZIA A DALMINE
La cucina di Lella all'Osteria del Conte lega tradizione e territorio

EDOARDO RASPELLI su La Stampa del del 6.5.2010

L’incoronazione locale l’ha avuta con Bergamo Economia, dove il columnist Livio Casanova le ha dedicato quattro pagine a colori sul supplemento finanziario del Giornale della città dell’Atalanta. È stata la consacrazione per questa giovane donna che non dimostra affatto i trent’anni che ha passato tra i fornelli, da quando bambina ha cominciato ad aiutare la mamma, prima a casa poi in trattoria, a quando ha preso in mano le redini del suo primo ristorante nella città capoluogo.
L’approdo d’oggi di Fiorella Freschi (ma tutti la chiamano Lella) è fuori Bergamo, a cinque minuti di strada dal casello di Dalmine della Torino-Verona. Suonare il campanello vi permetterà di entrare in questo singolare inatteso locale. Inatteso soprattutto perché quella paroletta nell’insegna, quell’«osteria», potrebbe farvi credere in un posticino tirato via, in un ambiente magari dai tavoloni di legno e rusticherie varie. Nulla di più sbagliato: i quattro imprenditori bergamaschi che hanno chiamato Lella all’Osteria del Conte le hanno messo a disposizione un locale moderno, immacolato, squillante ma, nel contempo, rilassante tranquillo non sguaiato. Predomina il legno chiaro delle sedie, delle pareti che sono sovrastate da un elegante soffitto. Le grandi vetrate alla sera mettono in rilievo le mille lucine che risplendono sopra di voi dando un simpatico piacevole effetto stellare. Spicca, in sala, anche la curiosità delle bellissime toilette, buffe per la loro singolare struttura (Guido Angeli avrebbe detto: «Provare per credere»).

Un sito cui manca solo l’indicazione dei prezzi, illustra e descrive i piatti che sono all’insegna della freschezza e dei sapori del territorio. Il tutto bagnato da tre oli grandiosi come il siciliano Pianogrillo, l’abruzzese Valentini e il gardesano Lecci di Polpenazze. Dopo la cortese offerta di un assaggio di riso nero con asparagi, eccomi assaggiare da una piccola carta, compiuta ed adeguata, la ricca insalata di mare, la battuta di vitello di carne bovina piemontese (il «fassone»), l’involtino con crema di formaggio Branzi, i ravioli ripieni di carne di tre arrosti (vitello maiale e coniglio), la trippa piena di antichi sapori, il fritto di pesce (con le patate della bargamasca Martinengo, la città dell’«albero degli zoccoli» di Ermanno Olmi), la bistecca di fassone (le carni vengono dal grande macellaio Cazzamali di Romanengo). Tra i dessert casalinghi, il ghiotto gelato di vaniglia, la torta di mele e il dolce inventato mezzo secolo fa da mia zia, a Gargnano, sul lago di Garda, per la famiglia del futuro editore Feltrinelli, il «salame Fania», succulenta «terrina» di biscotti e cioccolato. 65-75 euro per un outsider che crescerà ancora.

OSTERIA DEL CONTE
DALMINE(BG),VIA KENNEDY 18
TEL. 035.370063
WWW.OSTERIADELCONTE.EU
CHIUSURA CHIUSO DOMENICA SERA E LUNEDÌ
CARTE DI CREDITO TUTTE

PROVATO IL 2-4-2010

Voto 14,5/20

http://osteriadelconte.enesi.eu/#/home

Sul MANGIONE non c'è scheda né recensioni.

da maxbor il 15 mag 2010 12:07


PICCOLO CENTRO, GRANDE CUOCO:
UNA RICETTA TIPICAMENTE ITALIANA
In un paesino lombardo, uno chef d’esperienza internazionale fa cucina mediterranea (e un’ottima polenta).

Piccolo centro uguale grande cuoco. Non è una verità assoluta, ma spesso è così, in Italia più che altrove. Arlate è una frazione di Calco. Qui Amedeo D’Angelo, che ha lasciato una multinazionale dell’elettronica, e sua moglie Rosa hanno ristrutturato un antico borgo (1711, dice la pietra più anziana) ricavandone il 1711 Contrada Resort: 23 tra camere e suites, centro benessere, ristorante. Il tutto, in funzione dal giugno scorso. Da poche settimane, ai fornelli è arrivato Vincenzo Di Grande, radici siciliane e toscane, ma nato nella Svizzera tedesca. Ha girato tanto e bene: in Francia da Pierre Gagnaire e alla Messardiére di St. Tropez, in Spagna da Arzak e Berasategui, in Italia al Trigobolo di Argenta e dai Santin di Cassineta di Lugagnano.
In questo angolo di Brianza che ricorda Umbria e Toscana, Vincenzo propone una cucina di mercato, di chiara matrice mediterranea (ma con la miglior polenta assaggiata negli ultimi tre anni). Qualche piatto: riccioli di sogliola con indivia brasata, scampi (crudi e cotti), agro di mosto e menta fresca, vellutata di farro e fagioli con canocchie gratinate, ravioli farciti di vongole, carciofi e rema di peperoni arrostiti, risotto con bietole, animelle di vitello croccanti e limone (i voti più alti), scaloppa di ricciola cotta in fieno e sale marino, fricassea d’anatra, guanciale di maiale brasato. Da non trascurare una “verticale” di Bitto di cinque annate diverse. Dolci all’altezza: soufflé di cioccolato fondente, sformato caldo di nocciole di Langa, gelati e sorbetti di casa (come i pani, i grissini, le paste fresche). Menù degustazione a 70 euro, vini inclusi. Dal 15 al 31 agosto si apre solo a cena (domenica esclusa). Il mercoledì serate a tema o menù mercato fisso a 39 euro.
Servizio professionale, ma non ingessato in un ambiente piacevole. Buona carta dei vini e brava Anna, la sommelière (otto anni da Peck non sono bruscolini).

Gianni e Paola Mura sul Venerdì di Repubblica del 14.5.2010

Ristorante TAVOLA DEL CONTE
Arlate di Calco (Lecco)

Sul MANGIONE non ci sono recensioni

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=45364

da maxbor il 01 giu 2010 17:04


TAJARIN AL RAGU' DI FEGATINI E MAIALINO DA LATTE A BRIAGLIA
Da 110 anni Marsupino è un inno alla succulenta tradizione piemontese
EDOARDO RASPELLI su La Stampa del 25.5.2010 Sez. Viaggi

Lo scrivo perché sono buono, un vero e proprio benefattore. Lo faccio per il loro bene. Un paio di anni fa, dopo la mia ennesima critica, Paolo Galloni, ex p.r. della Guida Michelin, ospite fisso di Porta a Porta, mi mandò un’email arrabbiata: «Scrivi pure male di noi: ogni volta guadagniamo copie». Ed allora, proprio per far rialzare le vendite della sguida Nichelìn, voglio dirvi la loro ultima gastro-tafazzata.

Per il ristorante di oggi avviene la stessa cosa di un altro celebre locale della provincia Granda, il Centro di Priocca: ne parlano come di un locale qualsiasi e non assegnano loro nessuna stelletta di buona cucina che sarebbe invece meritatissima. Torno a scrivere di Marsupino di Briaglia sulle colonne de La Stampa dopo otto anni: come allora, più di allora, capitato come faccio sempre assolutamente inatteso (ed oltre tutto in tarda serata) ci trovo tanta professionalità, tanta bravura, tanto mestiere, tanto impegno e tanta bontà.

Luca, che allora era uno sgambettante bimbetto, oggi è un sommelier bravo, preparato, attento, affabulatore ma equilibrato. Accanto a lui, come sempre, la mamma Franca, ai fornelli il papà Piervincenzo e al ricevimento, nel cuore di questa antica affascinante casa che risale alla fine del 1700, la nonna paterna Marisa. Quattro persone, un poker d'Assi, un altro sole splendente dell’enogastronomia cuneese piemontese ed italiana (ancorché misconosciuto dalla sguida dell’omino di gomme), che mandano avanti una tradizione della loro famiglia che sta per compiere i 110 anni.

Negli ambienti si respira il Piemonte; in cantina (grande carta dei vini) si assapora il Piemonte (oltre all’Italia intera), in cucina è un inno alla tradizione, per il goloso è la felicità.

Il coperto costa 3 euro ma vi arrivano il grande salame casalingo, la pallina di tonno e ricotta rinfrescata da buccia di limone, il lungo piattino con trippa fritta, cervella di agnello e chiocciola. Poi ecco il saporoso baccalà scottato ed equilibrato dalla dolcezza dei fagioli liguri, quelli di Badalucco, le saporose fettuccine ai gamberi di acqua dolce, gli agnolotti del plin da manuale al sugo ristretto di coniglio, i tagliolini di quaranta rossi(!) «di comodino», cioè al dolce ragù di fegatini.

E poi il cosciotto di maialino da latte e il vitello glassato con carciofi di Albenga. I formaggi li stagionano Beppino Occelli, zio di Carla, e Franco Parola. Prima del grande caffè e dei biscottini, il meraviglioso gelato di latte di capra e il semifreddo agli amaretti. Pranzo medio completo con 45-50 euro (e menu degustazione a 33 più le bevande). Andateci subito.

RISTORANTE MARSUPINO 1901
BRIAGLIA(CUNEO)
Via Roma, 20
TEL. 0174.563888 FAX. 0174.563035
WWW.TRATTORIAMARSUPINO.IT
CHIUSO MERC. E GIOVEDÌ A MEZZOGIORNO
CARTE DI CREDITO TUTTE

ULTIMA PROVA:16-5-2010

Voto 16/20


Sul MANGIONE ci sono cinque recensioni (2 cappelli Blu e 3 Verdi)

da maxbor il 07 giu 2010 09:20


CHI CERCA EQUILIBRIO TRA GUSTO E PREZZI VA A CENA NELL’EX OFFICINA DELLE BILANCE

Gianni e Paola Mura sul Venerdì di Repubblica del 4.6.2010

Ecco il menù-degustazione che abbiamo trovato a fine aprile: polpettine di faraona in crosta di frutta secca e zuppetta di roveja (è un legume dei monti Sibillini che sta fra il pisello e la lenticchia); soufflé di patate rosse di Colfiorito, cuore di topinambur, chips di patate viola francesi e spuma di patate dolci israeliane (una piccola Onu del tubero); vellutata di cicerchie e guanciale croccante; tagliatelle di farro con crema di melanzana, pomodoro confit e ricotta salata; guancia brasata con purea di patate al limone; tortino di cioccolato fondente su crema inglese. Sei piatti, 25 euro, inclusi tre calici di vino, uno bianco, uno rosso e uno da dessert. Bene, un posto così dovevamo ancora trovarlo e ci ha fatto piacere trovarlo. Intendiamoci, si può anche mangiare spendendo meno, ma il punto è: ne vale la pena? Si ricorda qualcosa?
Qui, intanto, da ricordare c’è la monumentale carta dei vini e un arredamento tra rustico ed elegante: belle tovaglie, bei bicchieri, molto ferro e legno, travi a vista. L’insegna rispetta il passato: dal 1898 c’era davvero un’officina di riparazione e taratura bilance. Dal maggio del 2006 il ristorante è anche osteria e circolo culturale (mostre d’arte, letture9 e, non di rado, fucina di scambi gastronomici. L’hanno aperto cinque soci, due dei quali sono sempre presenti: Ioannis Karakousis, greco di Katerini, sala e cantina, e sua moglie Ada Stifani, salentina di Neviano, in cucina, assistita dal giapponese Nobuiro Okamoto. Si sono conosciuti all’Università di Perugia, lei studiava chimica, lui medicina. Le lauree non sono arrivate, ancora, ma due bimbi sì, e anche per questo il locale è aperto solo la sera. Altri piatti: “verticale” di baccalà, sautè di animelle, filetto di storione marinato alle erbe, maialino cotto a bassa temperatura, cosciotto di galletto in tegame. Sono scelte non banali, anzi impegnative, e questo fa crescere l’apprezzamento per l?officina. Buoni anche i dolci.


PERUGIA - Ristorante l'Officina

Sul MANGIONE ci sono cinque recensioni, tre cappelli blu e due verdi.

http://www.ilmangione.it/scheda.php?id_rist=12019

da maxbor il 09 giu 2010 10:16


CESARE, IL LIGABUE DELLA BASSA LANGA

Camilla Baresani sul Sole24Ore di domenica 6 giugno 2010

Tutti hanno una propria lista di ristoranti memorabili, accomunati da una miscela unica e irripetibile di buona cucina, bizzarria della messa in scena, estro del patron e calore dell’accoglienza. Per me, questi luoghi sono Cesare ad Albaretto della Torre, l’Ambasciata a Quistello, il Padrino a Messina. Ora, però, Cesare ha lasciato Albaretto. Lo trovate nella cucina del ristorante di Fontanafredda, tenuta che fu nido d’amore di ittorio Emanele II e della Bèla Rosin, nonché fonte di barolo, soddisfazioni e disastri finanziari per i loro discendenti. Acquistata nel 2007 dai proprietari di Eataly, Fontanafredda è oggi una sorta di parco a tema del buon mangiare e buon bere e persino del buon passeggiare, benché si trovi nel cuore delle Langhe disboscate in favore di vigna. Infatti, oltre ai celebri vigneti, al ristorante di Cesare, alle cantine, al negozio, al Grill Garden con barbecue di carni piemontesi e pesci liguri, a Fontanafredda è rimasto l’ultimo boschetto della Bassa Langa. Un poeta, Pier Mario Giovannone, ingaggiato per trasformare la passeggiata tra le fronde in un percorso di meditazione oltre che di digestione, l’ha ribattezzato Bosco dei Pensieri e l’ha suddiviso in stazioni dove si possono leggere aforismi che dovrebbero indirizzare i pensieri. Intento che difficilmente va a segno, giacché non c’è materia più selvaggia di quello che passa per la testa mentre si va a spasso.
Detto questo, una cosa sopra a tutto ci premeva appurare: Fontanafredda ha snaturato Cesare Giaccone? Toglierlo dalla sperdutezza della casetta/atelier/cucina dell’Alta Langa, con quel bric-a-brac di sue opere, di tocchetti di legna, di casalinghitudine, ha congelato le arti e l’umanità di questo Ligabue della cucina? Andate a vederlo all’opera, nella sala/cucina della villa. Sotto il vostro naso, non separato nemmeno da un vetro, Cesare vi dimostrerà di essere ancora quello di prima, quello per cui vale la pena di fare chilometri e chilometri. Intorno a lui tre stagisti inutilizzati (non è tipo che deleghi nemmeno il taglio del prezzemolo), una cucina professionale ma non raggelante, pochi tavoli, il camino in cui gira lo spiedo del capretto. Il menu (da 99 euro) prevedeva: coniglio appena scottato con insalatina dell’orto e delicata salsa di agrumi; pescatrice in un laghetto bianco di salsa d’arneis, pepe rosso e zucchine; asparagi con uovo e salsina ai funghi; trippa con salsa di patate e parmigiano; straccetti all’ortica e peperoncino con faraona; zuppa di cipolle; capretto e carciofi; bonet; ciliegie al barolo, tortino di nocciole, sorbetto all’aceto di moscato e rosmarino. Tutto squisito. Persino il caffè; benché non possa godere degli accostamenti cromatici che rendono Giaccone un vero talento artistico della composizione alimentare, oltre che un cuoco eccelso.
Quando assaggiate i suoi piatti, legati al territorio, alla fantasia compositiva e alla capacità di scegliere materie prime eccellenti, rimanete sazi e felici con un unico desiderio: sapere cosa inventerà con i prodotti e le ricette della stagione seguente. Se potete permettervelo, accorrete. Sono quelle cose che poi si raccontano.

Ristorante Da Cesare
Fontanafredda, Serralunga d’Alba
Telefono: 01736261191

Sul MANGIONE non c'è scheda né recensioni.

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