da Bob il 23 mag 2005 10:30
Anche se sono posizionato un poco dopo, i miei erano piuttosto tradizionalisti, e ripetevano con me
quello che il loro genitori avevano fatto con loro.
Alla mattina, TASSATIVAMENTE, latte e pane. Una tazzona di latte con spezzettata la michètta (“e”
assolutamente aperta) del giorno prima. Era il tempo del latte nelle bottiglie di vetro col tappo di
stagnola, con tre dita di panna solidificata al di sopra. La scrematura, parziale o totale che fosse, non si
sapeva neppure cosa fosse, anzi, se non ci trovavi la panna ti giravano di brutto...e, quando andavo in
vacanza dai miei nonni a Caglio, latte appena munto, alla faccia delle norme igieniche.
A mezzogiorno una pasta asciutta massimo al pomodoro, e una fettina di carne, generalmente ai ferri.
Ma noi stavamo bene, mio padre aveva un ottimo impiego e ce la potevamo permettere. So di molti
miei amici che non potevano. Al Sabato o alla Domenica un primo “speciale”, gnocchi, o lasagne, o -
gaudium magnum - ravioli. E un frutto.
Alla sera, minestrina o pastina, e , generalmente, formaggio.
Vietato avanzare nei piatti. Non parliamo di scartare: erano scappellotti che volavano, conditi con
prediche del tipo “cara grazia che tu ce l’hai”, o “pensa a quanti non ce l’hanno”. Ed era vero. Anzi,
dovrebbe essere vero anche oggi.
A merenda non si parlava di “merendine”: pane e marmellata, pane e miele, pane burro e zucchero,
tuta roba rigorosamente preparata in casa.. Erano tempi duri per il colesterolo, e ce lo potevamo
permettere ampiamente. Molti, però, si limitavano a un frutto, strettamente di stagione (serre? What’s
“serre”??), o a un pacchettino di biscotti secchi.
Ma le differenze che oggi mi colpiscono di più sono, rispettivamente a) la quasi assoluta mancanza di
bibite gassate b) la mancanza di piluccamenti vari durante la giornata. Quello avevi da mangiare, e
quello doveva bastarti. I gelati erano un premio eccezionale, da giorno di festa, spesso presi sui
carrettini degli ambulanti, che tenevano nel ghiaccio secco degli iceberg al limone e al cioccolato, che
ti spaccavano i denti. Magari, alla domenica, si andava a prendere un gelato, qui a Milano al Motta in
Galleria (evento di lusso), i miei si prendevano il “caffè del Motta” (col suo segreto segretissimo =
pizzico di cacao nella miscela) e io il gelato oppure la pizzetta (panino circolare di 15 cm di diametro,
schifosissima, ma allora mi sembrava uno sballo).
Mi ricordo che ho visto gli ultimi esempi dello “champagne de la balètta” (la gazosa) così chiamata
perchè il “tappo” era una biglia di vetro che chiudeva ermeticamente il collo. Tu la spingevi in basso, la
gazosa busciava, e tu ci guadagnavi la pallina con cui giocare.
Si mangiava di meno, questo è certo: ma, in compenso, le feste erano caratterizate da mangiate
allucinanti, con l’insalata di rinforzo dopo il primo dei due secondi, per ricominciare da capo.
Se una cosa cadeva nella polvere, ci si dava una spolveratina, e via in bocca: oggi può fare senso, ma
in realtà sono convinto che questo ci fornisse abbondanti anticorpi per afre fronte alle “altre” infezioni.
Bah...tempi passati....a ogni tempo il uo cibo. Ricordo qualcuno che voleva farmi mangiare il Garum
degli antichi romani...Ho risposto che poteva tenerselo....