Il 24 settembre 1944 per trasformazione della Divisione "Nembo", viene costituito il Gruppo da Combattimento "Folgore" che inquadra il Reggimento Paracadutisti "Nembo". L'unità si batte valorosamente contro i nazisti a Tossignano e a Grizzano. Nel marzo del 1945 dal Reggimento vengono tratti un centinaio di volontari tra Ufficiali, Sottufficiali e Paracadutisti, i quali, inquadrati nella "Centuria Nembo", partecipano all'operazione "Herring", lanciandosi, la notte del 20 aprile 1945, sulle forze naziste infliggendo e subendo gravi perdite nella zona di Poggio Rusco.
Terminata la guerra, il 1º dicembre 1948 il Reggimento Paracadutisti "Nembo" viene trasformato in 183º Reggimento Fanteria "Nembo" della Divisione di fanteria "Folgore", rimanendo tale fino alla ristrutturazione dell'Esercito del 1975, quando viene ridotto a livello ordinativo di Battaglione (183° Battaglione fanteria meccanizzata "Nembo" nella Brigata "Gorizia"). Nel 1991 il 183º Battaglione Fanteria "Nembo" viene sciolto e la Bandiera di Guerra è assegnata al ricostituito 183º Battaglione paracadutisti "Nembo", trasferito da Gradisca (GO) a Pistoia, dove viene organicamente inquadrato nella Brigata "Folgore".
Il 23 aprile 1993 il 183º Battaglione è elevato al rango di Reggimento e assume l'attuale denominazione. Dalla stessa data partecipa all'Operazione "Ibis" in Somalia dove il Sottotenente Gianfranco Paglia, ferito negli scontri del 2 luglio 1993, merita la Medaglia d'Oro al Valor Militare.
La Bandiera di Guerra è insignita di Medaglia d'Argento al Valor Militare (Tossignano, Case Grizzano, Poggio Rusco), di Medaglia di Bronzo al Valor Militare (Filottrano), della Croce di Guerra al Valor Militare (Filottrano), della Medaglia di Bronzo dell'Esercito (Somalia), della Medaglia di Bronzo al Valore dell'Esercito (Friuli), della Medaglia d'Argento al Valor Civile (Vajont).
Bibliografia:
Archivi storici forze armate italiane.
Sarajevo venne attaccata il 5 Aprile 1992 e rimase esposta ai colpi di artiglieria serba sino all'agosto del 1995. Tra gli obiettivi principali ci furono ospedali, scuole, moschee, chiese, sinagoghe, biblioteche, musei e luoghi dove i cittadini facevano la fila per ricevere pane ed acqua.
Durante i tre anni di assedio la città rimase isolata dal resto del mondo, stretta nella morsa delle montagne circostanti su cui erano assiepate le truppe serbe. I rifornimenti di acqua, gas ed elettricità furono tagliati, le scorte di cibo esaurite velocemente. L'unica via di comunicazione con l'esterno era un tunnel (tuttora esistente) scavato con mezzi di fortuna sotto la pista dell'aeroporto. Il tunnel partiva dalla cantina della famiglia Kolar, l’ultima casa del paesino di Dobrinja, a soli 400 metri dal fronte. Servirono quattro mesi per terminare l’opera. Lungo 800 metri, divenne di cruciale importanza per eludere l’assedio delle milizie serbe e per rifornire la città di tutto quello che serviva: viveri, soldati, pecore, feriti, armamenti, civili, provviste alimentari e carburante nonchè capi di stato, trasportati su una carriola.
La città divenne tristemente nota per le azioni continue dei cecchini, appostati all'interno dei palazzi inceneriti. Secondo i dati raccolti, nel solo 1995, i cecchini colpirono 1030 persone, ferendone 805 e uccidendone 225, 60 delle quali erano bambini.
L'assedio della città durò dal 2 maggio 1992 al 26 febbraio 1996 ovvero 1395 giorni. Il più lungo assedio della storia moderna del genere umano.
Dal 1996 protetta da truppe italiane e carabinieri della missione SFOR.
Bibliografia:
www.assopace.org
“Ripartiamo per Sarajevo. Sulla strada ancora tanti mezzi militari delle peace-keeping forces, e un check-point con tanto di mezzi anfibi da guerra nascosti da muri di sacchi di sabbia e circondati da giovani soldati in assetto di combattimento (mitra spianato, mimetica e coltello legato sul petto su una specie di giubbetto antiproiettile). Ci salutano festosi e sorridenti: di motociclisti qui ne passa uno ogni chissà quanto tempo. Giungiamo al tramonto a Sarajevo, e l'atmosfera si fa ancora più cupa. Certo non è una "vacanza" (dal latino "vuoto"...) ma è un viaggio (molto intenso e pesante) utile a conoscere anche una parte sfortunata di questo mondo, che spesso vediamo solo in TV e rischia di diventare solo un "film" nelle nostre menti. Qui invece siamo a pochi metri dai palazzi bombardati e distrutti, resti tristemente famosi dalle riprese televisive della CNN di qualche anno fa. Percorriamo tutta la via principale ("via dei cecchini"...nome molto esplicativo). Affianchiamo un fuoristrada dei Carabinieri, che sono qui nell'ambito della missione di pace SFOR. Sono alquanto stupiti di vederci arrivare dall'Italia a Sarajevo in moto. Sono veramente cordiali e gentili e si offrono si scortarci fino all'albergo. Poi è naturale andare a mangiare la pizza insieme ai nostri militari e passiamo una bella serata imparando tante cose su Sarajevo e sulla situazione attuale”.
Bibliografia:
Peace ride to Sarajevo, 1999.
www.univ.trieste.it
Il sottotenente Paglia è oggi capitano: l’ho conosciuto molto bene personalmente a Bellaria in una manifestazione che premiava programmi di recupero per portatori di handicap. Fu colpito al check point Pasta da una pallottola dei seguaci di Amin che poterono sparare impunemente perché gli italiani stavano proteggendo donne e bambini a cui la Croce Rossa stava distribuendo viveri: la pallottola lo ha reso paraplegico; seppure in carrozzina è rimasto nell’esercito e si occupa di coordinamento per gli aiuti umanitari.
(bibliografia: silbusin)