Fante ha scrittoEcco. Prima ci si incacchia, si sventola la tradizione e poi si ridicolizza il sondaggio....tutto secondo schema.
butter_fly ha scrittoanche questo fa parte dell'italia fante: alla fine semo tutti amici e la buttamo a tarallucci e vino
ilForchetta ha scrittoFante ha scrittoEcco. Prima ci si incacchia, si sventola la tradizione e poi si ridicolizza il sondaggio....tutto secondo schema.
A me me pare chelo schema sia un altro:
si prende una notizia senza verificarne la validità.
si sparano un sacco di giudizi sommari e generali basandosi su di essa.
qualcuno che non c'ha un cacchio da fare (si fa per dire...) controlla di cosa si tratta.
ci si accorge che si è sprecato tempo a parlare di aria fritta....
ilForchetta ha scritto
non sono d'accordo, farfallona!
Criticare e processare la ristorazione italiana perché è tra le prime al mondo me pare 'na strunzata...
Fante ha scrittoMa quante volte abbiamo sentito i commenti: come faceva le lasagne nonna Agata, nessuno; tutte 'ste prese in giro della cucina moderna, ma vuoi mettere con le cotiche?; se vieni nella mia regione capirai cosa vuol dire mangiar bene. Non vi suggerisce nulla?
Anzi, mi stupisce che ragioniate in questo modo
io intanto sono sul traghetto per la Scozia
deloZio ha scrittostefano66 ha scrittoPer il patron del Combal zero essere nei 50 ristoranti di questa classifica è più importante della seconda stella Michelin
Non direi proprio: i clienti consultano o fanno riferimento alla Guida Michelin, mica alle classifiche planetarie!
Fante ha scrittobutter_fly ha scrittoanche questo fa parte dell'italia fante: alla fine semo tutti amici e la buttamo a tarallucci e vino
Ocio, eh? sto facendo l'avvocato del diavolo....ma neanche tanto....
Far finire tutto a tarallucci e vino, è uno dei problemi.
Perchè non vogliamo interrogarci? Dicono che non siamo messi poi così bene come pensiamo. Stiamo perdendo colpi anche nella ristorazione, gente. E se non facciamo un po' di analisi ci ritroviamo i soliti 4 matusa a celebrare i tempi d'oro.
Sono tanti i campi in cui siamo rimasti indietro, pensiamoci un attimo. La cucina non fa differenza.
Ma quante volte abbiamo sentito i commenti: come faceva le lasagne nonna Agata, nessuno; tutte 'ste prese in giro della cucina moderna, ma vuoi mettere con le cotiche?; se vieni nella mia regione capirai cosa vuol dire mangiar bene. Non vi suggerisce nulla?
Anzi, mi stupisce che ragioniate in questo modo
io intanto sono sul traghetto per la Scozia
Per Davide Scabin questo riconoscimento deve essere stato particolarmente prestigioso per aver fatto questa puntualizzazione.
stefano66m ha scrittodeloZio ha scrittostefano66 ha scrittoPer il patron del Combal zero essere nei 50 ristoranti di questa classifica è più importante della seconda stella Michelin
Non direi proprio: i clienti consultano o fanno riferimento alla Guida Michelin, mica alle classifiche planetarie!
Per Davide Scabin questo riconoscimento deve essere stato particolarmente prestigioso per aver fatto questa puntualizzazione.
Questo riconoscimento è per me più importante della MIA Stella Michelin
stefano66m ha scrittoIl commento di Scabin serviva solo per dire che questo premio ha una certa valenza per chi viene menzionato.
Vissani dirà che è un premio inutile e la giuria è piena di incompetenti
Wine Spectator premia la cucina made in Italy
di Lucio Caputo*
New York. A pochi mesi di distanza dall’uscita dell’edizione di New York delle Guida Michelin, che aveva relegato in una posizione secondaria la cucina e i ristoranti italiani , e’ arrivata la rivincita.
Ed e’ arrivata con un risalto notevolissimo. Il Wine Spectator, la piu’ importante, diffusa e prestigiosa pubblicazione americana del settore eno-alimentare, ha praticamente dedicato il numero speciale del suo 30.mo anniversario, alla cucina ed ai ristoranti italiani. La “cover story” del giornale, che festeggia i suoi 30 anni di vita, e’ dedicata proprio alla nuova cucina italiana che secondo il Wine Spectator “ha raggiunto negli Stati Uniti nuovi livelli di perfezione”.
Presentata con grande rilievo in copertina, la copertura editoriale del giornale, con oltre 20 pagine e numerose foto a colori, si articola in varie sezioni nelle quali e’ illustrata l’evoluzione della cucina italiana dal 1970 ad oggi; e’ sottolineata la notevole presenza dei ristoranti italiani negli USA; sono elencati I migliori; sono presentati e intervistati gli chefs che hanno dato maggior risalto alla nuova cucina italiana ed SONO illustrate alcune delle ricette piu’ originali, accoppiate ad alcuni dei piu’ prestigiosi vini italiani. La sia pur indiretta risposta alla Michelin, e’ ancora piu’ significativa, secondo Lucio Caputo, presidente dell’Italian Wine & Food Institute, perche’ proviene dalla piu’ autorevole pubblicazione americana, che oltre tutto ha negli Stati Uniti, ma anche all’estero, una diffusione ed un prestigio senza confronti.
Per la realizzazione del servizio, Harvey Steinman, uno dei piu’ autorevoli giornalisti del Wine Spectator, ha intervistato i titolari di 34 dei piu’ noti ristoranti italiani dislocati in alcune delle piu’ grandi citta’ americane, dall’Atlantico al Pacifico, nei quali si trovano ora i grandi chefs americani che cucinano all’italiana secondo le regole della migliore e piu’ moderna cucina italiana, di seguito elencati:
Acquerello (San Francisco), Alto (New York), A16 (San Francisco), Angelini Osteria (Los Angeles), Arcodoro e Pomodoro Ristoranti Italiani (Dallas), Babbo (New York), Barolo Grill (Denver), Bartolotta Ristorante di Mare (Las Vegas), Cafe Juanita (Kirkland, WA), Campanile (Los Angeles), Casanova (Carmel, CA), Delfina (San Francisco), Del Posto (New York), Esca (New York), Felidia (New York), Frasca Food & Wine (Boulder, CO), Galileo da Roberto Donna (Washington), Il Buco (New York), Il Grano (Los Angeles), I Trulli (New York), La Terza (Los Angeles), L’Impero (New York), Lupa (New York), Maremma (New York, Olives (Charlestown), Oliveto (Oakland), Ombra (Atlantic City), Piero Selvaggio Valentino (Las Vegas), Quince (San Francisco), San Domenico (New York), Specchio (Atlantic City), Spiaggia (Chicago), Valentino (Santa Monica), Vetri Ristorante (Philadelphia).
Attualmente, i grandi chefs americani specializzati nella cucina italiana, stanno reinventando, secondo il Wine Spectator, lo stile della cucina italiana, avvicinandolo sempre piu’ all’essenza del gusto italiano. Alcuni si rifanno addirittura a tradizioni regionali italiane sconosciute alla stragrande maggioranza dei consumatori americani, come quella di condire gli strangolapreti (gnocchi di farina e patate del centro nord) con una salsa al guanciale (pomodori e fave), prevalentemente meridionale. Secondo l’autore del servizio, tutti gli chefs intervistati rappresentano una nuova generazione di americani che conoscono alla perfezione il concetto e gli ingredienti alla base della cucina italiana e sebbene non sempre riescano a riprodurre fedelmente i nuovi piatti che caratterizzano la cucina italiana esistente oggi in Italia, tuttavia essi puntano alla sua essenza, raggiungendo la semplicita’ ed estraendo l’infinita varieta’ di aromi e composizioni che da essi si possono ricavare.
Secondo Tony May, titolare del San Domenico Restaurant in New York, gli americani ora sono diventati molto piu’ sofisticati di quanto non fossero in passato in merito agli ingredienti della cucina italiana, quali il prosciutto di Parma e i tartufi bianchi del Piemonte, e sanno perfettamente cos’e’ la mozzarella di bufala e la bottarga, anche se quest’ultima la scrivono con una sola t.
Tutti i ristoranti italiani compresi nel servizio dispongono di lunghissime liste di vini italiani nei loro ristoranti. Secondo Piero Selvaggio, del ristorante Valentino di Santa Monica, la cui lista dei vini italiani viene definita “monumentale” comprendendo oltre 1.000 marche e denominazioni e avendo ricevuto in passato due “Grand Award-winning Italian restaurants” dal Wine Spectator, l’Italia e’ sicuramente al primo posto nelle esportazioni di vini negli USA anche grazie alla presenza negli Stati Uniti dei numerosi ristoranti italiani di grande prestigio che offrono tutti i vini italiani di migliore qualita’ alla loro clientela. Quasi tutti gli chefs, anche se nati negli Stati Uniti, hanno trascorso periodi di tempo piu’ o meno lunghi in Italia, lavorando nei migliori ristoranti italiani. Ma mentre gli chefs del passato basavano i loro menu’ sugli ingredienti reperibili in loco, gli attuali chefs sono in grado di utilizzare quanto hanno appreso in Italia per meglio adattarsi al gusto ed alle sensibilta’ degli americani ed usano prodotti originali italiani.
* presidente Italian Wine and Food Institute