Il problema del "recupero" a fini benefici dell'invenduto dei centri commerciali e della ristorazione è che la legge non lo consente facilmente, o almeno pone tanti di quei vincoli che molti ci rinunciano; lo aveva spiegato Report con una trasmissione già di qualche anno fa, e non credo che normativamente sia cambiato molto da allora.

Il fatto è che si tratterebbe di cedere prodotti ritirati dagli scaffali perchè scaduti, e che andrebbero quindi distrutti, oppure al limite della scadenza, cosa che sposta il problema a chi li riceve.

Bisognerebbe capire dove si è riusciti ad attivare il sistema che passi burocratici si sono seguiti, e verificare se sono applicabili in altre realtà locali, dove magari ogni asl ci mette del suo per complicare le normative.

Senza contare poi che alla fine magari il direttore del centro commerciale decide di non far niente perchè non ha voglia di complicarsi la vita con ulteriori noie burocratiche...

ecco un'altra iniziativa del 2010, come si può notare stanno aumentando notevolmente.

Le pratiche burocratiche, principalmente a carico del donatore, vertono principalmente sugli aspetti fiscali.
Le ONLUS godono di alcune agevolazioni fiscali e possono trasferirli alle altre Imprese. Per esempio le imprese commerciali possono effettuare cessioni gratuite di beni (al cui scambio o produzione è diretta la loro attività) a favore di una Onlus rispettando i seguenti adempimenti:

emettere un regolare documento di trasporto della merce donata

la Onlus dovrà rilasciare una Dichiarazione Sostitutiva di Atto Notorio nella quale si attesti la natura, qualità e quantità dei beni ricevuti e l’impegno ad utilizzare i beni ricevuti in conformità alle proprie finalità istituzionali.

emettere una normale fattura di vendita con l’indicazione del valore della merce ceduta (cosiddetto “valore normale”, cioè al costo di acquisto o di produzione) ed in esenzione IVA in base all’art. 10 n° 12 del D.P.R. 633/72. Di conseguenza in fattura deve essere indicato un valore complessivo di vendita (e non un valore pari a zero). Tale corrispettivo è un ricavo tassabile; ai fini delle imposte dirette esso dovrà essere integralmente dichiarato come componente positivo di reddito, ed avrà come contropartita un componente negativo di reddito (per lo stesso ammontare) corrispondente alla diminuzione delle relative giacenze di merci. Di conseguenza si tratta di un’operazione fiscalmente neutra, con il beneficio a favore del cedente di poter “diminuire” il magazzino.

Se l’ammontare di ogni singola cessione di merci è inferiore al valore di 2 milioni di lire, è possibile detrarre l’IVA a monte sugli acquisti senza dover operare la rettifica pro-rata dell’IVA (art. 13, comma 3, D.L. 460/97). Tale agevolazione, solo per i medicinali e i generi alimentari, è valida qualunque sia il valore della merce donata (art. 13, comma 2, D.L. 460/97).

Se l’ammontare di ogni singola cessione di merci (esclusi dunque i medicinali e i generi alimentari) è superiore ai 2 milioni di lire, si tratta di una transazione assimilabile alla “distruzione di merce non commercializzabile” (D.P.R. 441/97). In questo caso la Ditta cedente NON ha l’obbligo di indicare in fattura il valore della merce e di conseguenza non ha un ricavo tassabile.

Se l’ammontare di ogni singola cessione di merci (esclusi i medicinali che sono esonerati da questo obbligo) supera il valore di 10 milioni di lire è necessario effettuare almeno cinque giorni prima una comunicazione scritta all’amministrazione finanziaria e al comando della Guardia di Finanza con l’indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione dei beni, nonché dell’ammontare complessivo dei beni ceduti. La mancata osservanza di questi adempimenti può far venir meno le agevolazioni di “cessione gratuita” con conseguente obbligo di fatturazione al prezzo di vendita e con applicazione della relativa IVA

Sul cibo sprecato nelle mense scolastiche ci sarebbe da scrivere molto. Innanzi tutto, la qualità del cibo, che spesso non incontra i gusti di base dei bambini. I menù sono elaborati da dietiste/i dell'Asl, tanti studi e poca esperienza pratica con i bambini.
No puoi costringere un bambino a mangiare verdure surgelate bollite senza il minimo condimento...Anche noi grandi ci rifuteremmo...
E a Pavia ora va anche bene, che c'è un centro di cottura. Fino a 5-7 anni fa il cibo era cotto a VIMODRONE, in provincia di Milano e trasportato a Pavia nei contenitori termici...Provate voi a mangiare...

Hai ragione ciliegina: quelle volte che ho avuto la (s)ventura oltre al controllo igiencio anche di "degustare" i piatti....bè, non potevo dar torto ai bambini

Menu che ancora ricordo: risotto ai carciofi, pollo, insalata mista.

Risotto ai carciofi: intanto proponi un sapore molto particolare (che io adoro) ma che non può piacere a tutti che è quello del carciofo.
Sale quasi zero (sarà anche sano) e riso parboiled (per uno che adora i risotti "veri" è una bestemmia!)

Pollo: accettabile, anzi "quasi" buono

Insalata mista: indubbiamente sana, olio quasi niente, già condita con limone (e perchè???), ma ben poco gustosa.

Frutta (era inverno) arance: se uno su 10 l'ha mangiata era tanto...

Inoltre, nel menu settimanale: frittata (ma fatta al forno ), pesce (indovinate?? PERSICO ):

Bè non è con la mensa scolastica che i nostri piccoli diventeranno gourmet...

In alcuni Tristoranti (sarebbe meglio dire mangiatoie) dove puoi riempirti il piatto di "delissie" fin che vuoi c'e' scritto cosi'. Magari sarebbe cosa buona e giusta trovare una formula analoga anche per la ristorazione tradizzzionale (che so uno ordina 6 cucchiai di risotto con la Busecca e paga 6 euro. Con le misure del cucchiaio stabilite dal sistema M-K-S con cucchiaio campione depositato accanto al metro campione a Parigi (mi pare) nel Sistema Internazionale delle Unita' di Misura. E' nato il sistema M-K-S-S (l'ultima "S" sta per Sambonet)

Veramente in vari ristoranti di Roma (Gusto tra gli altri) c'è già il brunch a buffet al peso.
Con tutti a cercare la pietanza più appetitosa e che SEMBRI meno pesante sulla bilancia
E con tutti poi sorpresi (in negativo) di quanto c....o pesino le pietanze una volta preparate!!!

figlidiputin ha scrittoIn alcuni Tristoranti (sarebbe meglio dire mangiatoie) dove puoi riempirti il piatto di "delissie" fin che vuoi c'e' scritto cosi'. Magari sarebbe cosa buona e giusta trovare una formula analoga anche per la ristorazione tradizzzionale (che so uno ordina 6 cucchiai di risotto con la Busecca e paga 6 euro. Con le misure del cucchiaio stabilite dal sistema M-K-S con cucchiaio campione depositato accanto al metro campione a Parigi (mi pare) nel Sistema Internazionale delle Unita' di Misura. E' nato il sistema M-K-S-S (l'ultima "S" sta per Sambonet)

fa caldo è.....

stefanbo ha scrittoVeramente in vari ristoranti di Roma (Gusto tra gli altri) c'è già il brunch a buffet al peso.
Con tutti a cercare la pietanza più appetitosa e che SEMBRI meno pesante sulla bilancia

bello: mi piacerebbe pagare a peso. sarebbe un incentivo a mangiare di meno!
e invece al ristorante tendo a scegliere le pietanze più abbondanti a parità di prezzo: di solito non scelgo gli antipasti ad esempio, perché costano praticamente come un primo o un secondo ma riempiono molto meno!

http://www.gusto.it/pizzeria-roma.htm

E' un megacomplesso galattico
(pizzeria/ristorante/libreria/winebar) ma gestito bene ed in un bel luogo a due passi dal Corso dal Lungotevere e da Piazza del Popolo, quindi se passi a Roma...

Ma ne avevo sentito parlare! Lo proverò. Ha questa immagine così artefatta e commerciale... ma in realtà dicono che ci sia anche sostanza e qualità, tu sembri confermare.

IMHO sono veri entrambi (mazza come so' diventato democristiano, opposti estremismi e quant'altro ): prezzi adeguati a location e comunque organizzazione, MOOOOOOOLTO commerciale, ma anche effettivamente qualità più che accettabile.
Insisto comunque per come "gira" il posto (e non è facile da gestire essendo multimediale) e per come è posizionato, attribuisce due punti bonus abbastanza incontestabili