Motta nasce nel 1919 in un piccolo laboratorio artigianale in via Chiusa. A fondarla è Angelo Motta. Nella metà degli anni Venti si espande e apre diversi negozi in città. Negli anni ’70 la Motta viene venduta alla Sme, la società finanziaria del gruppo Iri. Nel 1993 vende i marchi alla svizzera Nestlé.
La parabola di Alemagna comincia nel 1921 a Melegnano. Gioacchino Alemagna che aveva lavorato come garzone da un fornaio nel 1925 apre un caffè a Milano e nel 1933 un bar pasticceria proprio in piazza Duomo. Negli anni del boom apre stabilimenti anche a Napoli. Negli anni ’70 la crisi, la vendita prima a Sme e poi a Nestlé.
Torna il panettone dei milanesi
Motta e Alemagna lasciano la Svizzera
La Bauli ha comprato i due storici marchi, simboli del boom economico, dalla Nestlé
leggi
Aaaaaaah, il panetun....
Il panettone che si mangiava solo due giorni e poi si teneva una parte fino a febbraio per San Biagio che «ti protegge dai mali della gola»
Alemagna e Motta che c’era dentro tutto il sogno di chi ce l’aveva fatta. Due nomi che parevano usciti dall’ufficio di un creativo della pubblicità. Ci leggevi la concretezza e la voglia di tirarsi su le maniche. Storie di provincia finite nell’angolo più bello di piazza Duomo. Gioacchino Alemagna, il piccolo orfanello che diventa garzone di un panettiere. E poi su fino a sfidare Rockfeller. Per una coppia di cigni di porcellana che il magnate americano aveva visto ad un’asta e lo sveglio milanese gli aveva portato via sotto il naso. E il miliardario a «stelle e strisce» che spendeva milioni in telefonate per convincere Alemagna che dei cigni di porcellana, in fondo, non gli importava granché. Il cumenda che non dimenticava le sue origini, l’odore della nebbia e la fame che ti morde lo stomaco.
Angelo Motta che arriva a Milano con mezza lira in tasca da Villa Fornaci di Gessate. Il primo lavoro quando gli altri vanno ancora a scuola. Anche lui in una panetteria. La fatica, l’inventiva, la costanza tutte ambrosiane. E anche quando diventerà il «sciur Angelo» resterà il ragazzo di prima della Grande Guerra. Aveva trovato la formula giusta per il lievito e il suo panettone sapeva di buono solo a guardarlo da dietro la vetrina. Lavora anche di notte e in città si sparge la voce di un «certo Motta» che è diventato un mago. E forse non è un caso che Angelo Motta muoia un 26 dicembre. Quasi a non voler «disturbare» il Natale che, adesso, con il panettone era anche un po’ suo.
Bè, diGiamolo, mangiare il panettone quest'anno sarà un po' più bello
