Vorrei specificare.
E lo vorrei fare facendo un esempio, questo sì, provocatorio.
Se io pubblicassi una ricetta astrusa e dagli accostamenti improbabili, sono sicuro che il 90% di voi ( e non solo voi) mi si scaglierebbe contro, o, nella migliore delle ipotesi, guarderebbe con malcelato scetticismo al "misfatto culinario".
Se io però pubblicassi la stessa ricetta, dicendo (vero o falso che fosse) di averla trovata su un libro, che so, di Vissani o Marchesi, chi di voi - mano sul cuore e giuringiuretta - non mi direbbe che è "meravigliosa", "ardita" "inaspettata", e via dicendo?
Intendo: quanto la "griffe" è arrivata anche nella cucina, griffe per cui una borsa di Vuitton da 1500 euro è normale, ma se una borsa molto migliore senza nome ne costasse "solo" 500 sarebbe inaccettabile?
Lo so benissimo che il formaggo col miele è antichissimo, eppure a quel mio zio non se ne poteva comunque parlare, e molti, moltissimi, gli davano ragione: ora, il gusto, in questo caso, ha ricevuto una "educazione". Ma quando si scade nell'involuzione? Quando, insomma, "si fa il figo", e basta?
E ancora: avete mai notato che è invalsa ormai la moda di sottolineare la "provenienza" di certi prodotti, anche quando la provenienza non dice nulla a nessuno? Però, anche questo è "trendy".
A volte ho visto dei menù con chiacchierate allucinanti sulle provenienze dei prodotti. "Marmellata di bucce di salsiccia (citazione: chi la conosce?
) di maiali dell'allevamento di cesenatico superiore, sbiancate con sapone prodotto nel saponificio Miiiiiiiiiichebbello di Marsiglia Centro"
E un bel "Ecchisenefrega" non ce lo mettiamo?