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Le radici della tradizione

da Fante il 08 gen 2007 16:39


Strini ha scrittoTanto per continuare l'interessante discussione: i piatti "tradizionali" hanno ovviamente subito continue modifiche nel corso dei secoli, sennò dovremmo rifiutarci di mangiare anche la polenta (barbaro piatto americano). Quindi dobbiamo dare un limite, del tipo "il piatto è giusto come descritto nel 1850, o nel 1900, o da Artusi, o da Marchesi".

Per intenderci, è solo una provocazione, ma a me come idea incuriosisce, anche in altri campi (tipo l'"antico" da conservare in architettura). Suggerimenti?


Probabilmente ha detto qualcosa di sensato. Ma non ho capito cosa.
Se ne esce qualcosa di buono lo sposto.
Ultima modifica di Fante il 16 gen 2007 14:47, modificato 1 volta in totale.

da Greedy il 08 gen 2007 16:53


E' interessante il discorso di voler in qualche modo dare una definizione a quei piatti che nel corso degli anni sono stati modificati e ri-creati diventando poi quelli che noi conosciamo e sappiamo far parte della nostra cultura gastronomica, ma credo sia molto arduo contestualizzare suddetti cambiamenti e definire in base al tempo e alle modifiche in quale momento e per quale motivo il piatto è diventato storia e tutto il resto è quindi modifica alla ricetta. Perchè tradizionale è sinonimo di dinamico, evolutivo, modifiche continue sia in verticale (nel tempo) che in orizzontale (nello spazio, basta spostarsi di 10km e la ricetta cambia). Concludendo, possiamo anche giocare a questo giochino, ma dovremmo anche tenere conto delle possibili varianti geografiche che, in taluni casi, potrebbero dare origine a ricette tradizionali diverse più che a più banali modifiche delle stesse.

PS x Fante: te lo spiego domani davanti a bel bicchiere di Sagrantino.

Life is too fu@%ing short! You wann' it? Go get it!

da kel666 il 08 gen 2007 17:02


io credo che il discorso fatto da Strini si possa estendere a quasi tutto il sapere e le forme d'arte...

Per esempio la musica: ha subito un'evoluzione nel tempo assolutamente sbalorditiva, differnziandosi e ramificandosi, anche se certi "schemi" cmq sono sempre gli stessi... vuoi xchè migliori o a volte + "freschi" delle produzioni recenti...

a volte invece si ha uno totale stravolgimento delle regole, il chaos, per poi dopo un certo periodo tornare, come al solito all'origine

secondo me questo ragionamento è davvero trasversale e tocca un po' tutto.... anche la cucina

mi permetto di cambiare idea a metà di una discussione
- UochiToki

Re: Chi mi aiuta?

da Strini il 08 gen 2007 20:41


Fante ha scritto Probabilmente ha detto qualcosa di sensato. Ma non ho capito cosa.


Tenue speranza :oops:

In realtà ciò che volevo dire è che mi lascia perplesso il voler "codificare" a tutti i costi una ricetta che, come si diceva, è per sua natura sempre stata in continua evoluzione. Oggi va di moda, con tanto di atti notarili depositati da sedicenti confraternite, accolite e via dicendo. Questo può andar bene per un certo verso, come impedire ai soliti furbetti di spacciare cose di bassa qualità per quello che non sono, ma dal punto di vista della crescita della cucina è un nonsenso. Se solo si pensa alla qualità della carne che abbiamo oggi rispetto a quella del, diciamo, 1910, risulta evidente che non potremo certo basarci sulle regole di quell'epoca, in cui molti dei piatti di cui oggi parliamo peraltro già esistevano. Quindi ben venga il tramandarsi delle tradizioni, ma il genio e la grandezza sono, in tutti i campi, caratteristiche degli innovatori. Anche in cucina.

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da Strini il 08 gen 2007 20:50


kel666 ha scritto a volte invece si ha uno totale stravolgimento delle regole, il chaos, per poi dopo un certo periodo tornare, come al solito all'origine


Questo è verissimo: probabilmente stiamo vivendo un periodo "di ritorno" alla cucina tradizionale, prima bistrattata ed omologata. In realtà avviene ormai da un po' di anni (vedi Slow Food) ed è certo un bene. Basta non pensare che sia la verità assoluta ed ultima, e non condannare chi va avanti, tentando nuove strade(e a volte sbagliando). Il giorno più triste sarà quando non ci sarà più nessuno in grado di inventare qualcosa di nuovo ed inatteso.

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da caneciccio il 09 gen 2007 00:30


Umile esempio Quirite.
A Roma negli anni 80 (forse anche prima ma io ero fanciullina e lì mi fermo coi ricordi) Ponte Sisto è stato anni anni anni ridotto a un cumulo di strane impalcature infestate di tossici. Nero, buio, rugginoso e non transitabile.
Andava restaurato, ovvio.
Ora, il problema era: il ponte andava restaurato nella sua forma originale,originaria etc etc etc - cioè primo ponte riedificato a Roma dopo l'epoca romana classica e tardoclassica, nel XV sec - oppure nella sua forma ultima, ormai divenuta anch'essa tipica, cioè con le sovrastrutture costruite nel XIX secolo?
Mentre le due fazioni si scontravano in altri loci, il ponte, a cavallo fra Trastevere-pzza Trilussa e via Giulia, restava luogo impresentabile e inavvicinabile per la pubblica salute.
Poi a fine anni 90 han smesso di litigare, han tirato via in un baleno tutte le sovrastrutture senza far tanti smaneggiamenti che fanno diventar ciechi, e hanno permesso a Giorgia di girarci il video di Gocce di memoria, a imperitura memoria di quell'allodolina canterina che vorrei ingozzare di pandoro al mascarpone.
Amen.

da caneciccio il 09 gen 2007 00:31


insomma ciò che volevo dire era: chi dice cosa sia veramente tipico e originale? :oops:

da Fante il 09 gen 2007 10:47


kel666 ha scrittoche bello il dono della sintesi :D


Lo diceva sempre anche il mio professore di chimica :D

Schersi a parte, non afferro bene il nocciuolo della questione.
Se una determinata ricetta è stata codificata in un certo modo, non vuol dire che debba essere la forma migliore o che non si possa toccare, ma è semplicemente una definizione per indicare un ben preciso tipo di piatto, con possibilità di piccole varianti.
Esattamente come in altri campi.
Una volta si adattavano i monumenti e gli edifici al gusto del tempo. Pensate agli stupri barocchi delle chiese. Oggi no.
E per citare un esempio musicale, se ti dico My Way pensi a Sinatra...ma io intendevo Sid Vicious

da Greedy il 09 gen 2007 13:15


Fante ha scrittoSe una determinata ricetta è stata codificata in un certo modo, non vuol dire che debba essere la forma migliore o che non si possa toccare, ma è semplicemente una definizione per indicare un ben preciso tipo di piatto, con possibilità di piccole varianti.


Già, infatti il problema è: una definizione definita da chi?
Cioè, tu che definisci, sia tu Marchesi o Artusi o Pellaprat, non puoi, anche dall'alto della tua competenza in materia, definire una ricetta tradizionale che, nel corso degli anni, ha trovato tante forme e varianti a seconda del paese, frazione o via nella quale viene eseguita. Un conto è una ricetta che viene creata ex novo e che, quindi, può avere una ricetta originale che è quella che il creatore dona al mondo come riferimento per quel piatto.
Ma un piatto come le lasagne, che hanno ottomile varianti, non credo si possa categorizzare in modo assoluto.
Allora nascono le lasagne alla pippo, le lasagne di riso ai peperoni e gorgonzola di max61, le lasagne allo scoglio di primus ... ma sulle lasagne, ci possono solo essere ricette di riferimento generiche (IMHO), validissime, ma non sono dogmi.

G.

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da Fante il 09 gen 2007 15:09


Vabbè insomma, l'intuizione di Strini era tutta solo un Ma cos'è la tradizone? Nulla di più? Andiamo...
Vogliamo estendere il discorso ad un "è giusto codificare la tradizione?" o "è meglio interpretare la cucina come un costante divenire e quindi ogni definizione va presa come un qui e adesso?"

Ho l'impressione che la tradizione sia semplicemente un primo punto fermo, a cui forse è possibile risalire precisandone le coordinate, accettando qualche variante, oltre le quali stiamo già parlando di innovazione o rivisitazione.

Del resto esistono ricettari anche molto vecchi, lo stesso Dumas ne scrisse uno. Vogliamo dire che Dumas era un idiota?

Però mi aspettavo di più e meglio. Dalla vita in genere, non da Strini.

da silbusin il 09 gen 2007 16:46


Il famigerato garum, nell'antica Roma, era un vero e proprio "succo" di pesce, ottenuto facendo macerare sardine, acciughe, sgombri... con erbe aromatiche e sale, per molti giorni. Chi ha studiato i testi antichi ne ha tratto la considerazione che fosse una cosa orrenda, di fatto un filtrato di putridume. A quel tempo veniva considerato alla scorta del nostro aceto balsamico top.

In questo topic di cui ho capito non molto (e te pareva...) mi pare di estrapolare due cose: la prima è che i piatti della tradizione hanno una loro logica, un loro fascino e un loro particolare sapore; la seconda la "tradizione" subisce comunque delle trasformazioni legate sia al tempo (nuove mode e sapori) sia (soprattutto) a norme igienico-sanitarie che ne modificano se non addirittura ne impediscono la preparazione.

La cotoletta alla milanese secondo i canoni dell'800 veniva leggermente battuta, veniva passata nell'uovo e pan grattato e cotta con burro naturale.
Oggi la carne è più tenera, si preferisce il burro chiarificato e una sfarinatina ci può anche stare. Vero Max?

Marchesi, nella ristorazione mondiale, è stato quello che ha spezzato il binomio quantità-qualità e introdotto il concetto di sperimentazione e qualità. E questo gli va riconosciuto al di là di simpatie o antipatie personali (leggere quanto ha scritto di lui Ducasse su Le Figaro).

Quindi tradizione sì (far cadere la saponetta) ma variazioni (ciapalchelghè, ciapalsottchel'èunbiscott, giòimandalnikel).... 8)

da Fante il 16 gen 2007 14:49


Riprendo a questo punto l'inizio di un discorso lanciato da Strini: quanto possiamo andare indietro nel tempo per cercare le basi originali di quella che noi chiamiamo cucina tradizionale?
In realtà non molto.

Per sapere cos'è successo nel medioevo, aspettate di leggere In cucina con Fante 3. 8)

Le prime ricette di cucina in senso moderno sono del Rinascimento quando si è comiciato a ristudiare i testi classici, anche quelli di cucina, e di riadattarli al nuovo periodo.
Gli scritti erano più appunti o consigli che non vere e proprie ricette. Un famoso autore Teofilo Folengo, anche soprannominato Merlino Coccajo ( 1491 - 1544 ) ha lasciato qualche testimonianza. Ma se ne leggiamo una
Con la mazzuola un altro ( garzone ) pesta delle erbe odorifere; vi mescola assieme formaggio fresco e uova; addolcisce l’impasto con aggiunta di cannella, stemperando poi il tutto con latte di mandorle. Ne riem­pie poi i pollastri fra carne e pelle e li mette a lessare in un paiuolo, con acqua bollente, fino a quando l’impasto non diventi duro; dopo la bollitura i pollastri vengono conficcati in uno spiedo aguzzo e posti infine a cuocere vicino alle brace in lardo guazzante
Ci rendiamo conto che mancano dati fondamentali come dosi e tempi.

Tuttavia sono ancora un germoglio esclusivo di cui beneficiano solo le classi privilegiate.
Dalla Toscana la cucina rinascimentale approda a Parigi nel 1533, quando Caterina de' Medici, nipote del Magnifico, andò sposa a Enrico d'Orléans, il futuro Enrico II, portandosi dietro uno stuolo di cuochi. Lo stesso Leonardo, manco a dirlo, si interesserà moltissimo alla cucina, pur interessandosi più alla parte coreografica dei banchetti che non alla compilazione delle ricette.

Se vogliamo però cominciare a cercare i primi abbozzi di cucina tradizionale, è inutile andare tanto indietro. E' infatti solo nel 1800, dopo la Rivoluzione Francese, che i cuochi escono dalle corti e si comincia a creare una tradizione e una scuola.
Il primo testo di cucina moderna può essere considerato Physiologie du Goût di Brillat Savarin ( 1755-1826 ).

Da allora, sempre con maggior diffusione si comincerà a scrivere di cucina. Trai i primi esponenti ricordiamo Pellegrino Artusi ( 1820 -1911) e lo stesso Alexander Dumas.

da Strini il 16 gen 2007 15:31


Fante ha scritto Ci rendiamo conto che mancano dati fondamentali come dosi e tempi.


Questo è un ottimo spunto: con buona pace della nostra ansia classificatoria, le ricette tradizionali hanno sempre mantenuto un alto grado di libertà. Si utilizzava quel che c'era e nessuno si formalizzava più di tanto. Le "ricette" nascono molto dopo e tendono inevitabilmente a costringere i piatti entro regole fondamentalmente artificiali (basti pensare alle differenze che ogni ricetta ha, muovendosi da un paese all'altro). Buono per i cuochi che desiderano sentirsi portabandiera della "tradizione vera", ma deleterio se pensiamo ad uno sviluppo della cucina, come sempre è avvenuto nei secoli passati.

"Cos'è l'amore in confronto a una bistecca con le cipolle?" (W. Somerset Maugham)

da silbusin il 16 gen 2007 15:57


Io farei una specie di crinale. Come nella vita dell'umanità la linea medica che ha separato il buio dalla luce è stata la scoperta dell'antibiotico (nessun altra scoperta è stata così importante in termini concreti), così l'invenzione dei sistemi di conservaziione con il freddo ha permesso di modificare la dieta, il modo di cucinare, la sperimentazione gastronomica e alla fine una certa qual "standardizzazione" della ricetta. E' il concetto della riproducibilità.
La ricetta della tradizione è la madre di tutte le ricette, poi ognuno può interpretarla. Purtroppo oggi, ad un determinato livello di ristorazione, chef e clienti hanno perso il senso del limite e della naturalità o, meglio, interpretano la bizzarria come unico elemento di valore.
Tanto da far dire al buon Marchesi 8) : oggi si è persa la capacità di cucinare e apprezzare una buona pernice, un buon arrosto, una buona pasta. Inzomma: cucinare bene e semplicemente le cose semplici no eh?
Pinzillacchere.

da ilForchetta il 16 gen 2007 16:21


silbusin ha scrittoPurtroppo oggi, ad un determinato livello di ristorazione, chef e clienti hanno perso il senso del limite e della naturalità o, meglio, interpretano la bizzarria come unico elemento di valore.


Cucina bizzarra certamente, ma 'del territorio', come dicono alla telvù!

E poi un ristoratore varesino cucina in diretta una variazione sul tonno crudo e lime... :roll:

da Fante il 16 gen 2007 16:28


silbusin ha scrittoLa ricetta della tradizione è la madre di tutte le ricette, poi ognuno può interpretarla.


Troppa serenità su questo forum. Ghe pensi mì.....

Il difficle è proprio definire qual'è le ricetta madre. Quella più diffusa o quella più buona? E più buona per chi.
Riguardo al freddo da dove partiamo....dalla ghiacciaia? Dal frigorifero? Ma dalla sua invenzione o dalla sua diffusione? E conservare in grotta vale?

Nell'ottica suggerita dal mio interessanterrimo post, è assolutamente sbagliato immaginare che un certo piatto è stato mangiato così per secoli.....non lo sappiamo. Se siamo fortunati torniamo indietro di 100 anni. E quindi non rompiamo tanto i manici con " s'è sempre fatto così".

Insomma se parliamo di tradizione come convenzione per definire un certo piatto, bon. Ma pensare che sia un dogma inconfutabile, è un errore.

Frustami.

da silbusin il 16 gen 2007 16:39


Scema, è l'alpino l'uomo dalle decisioni irrevocabili.

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