Rinaldo ha scrittoalberto ha scrittoIo ho letto che è una prassi in disuso per i vini di alto livello ma comune per i 'vinelli da tavola'.
Per avere vini davvero validi, conviene operare in condizioni di igiene e pulizia massime per evitare tale procedurea di rifermentazione che, comunque, riduce aromi e sapori del vino.
Ma, sostiene il mio amico, è una balla colossale. Egli dice che tutti fanno delle gran pastorizzazioni e usano lieviti in bustina a tonnellate...
(fonte: il più grande produttore italiano e mondiale di vini, non faccio nomi ovviamente, per non mandare qualcuno in galera per diffamazione)
Come al solito a fare di tutta l'erba un fascio,si commette un errore.
Le pratiche in uso per la vinificazione,con l'aggiunta o meno di prodotti che vengono in aiuto dalla chimica,sono diverse:si va dalla "sbiancatura" alla chiarificazione,alla pastorizzazione,alla rifermentazione,al rimontaggio;addirittura nel caso degli spumanti metodo classico la presa di spuma.
Tutte operazioni che coinvolgono additivi chimici;amici del cantiniere e del cliente bevitore.
Personalmente,faccio i nomi eccome,bevo più volentieri un Chianti di Antinori che un blend torbido tipo quello servito sul risotto alla Palta.
Rinaldo
Come non ti è piaciuto ha anche beccato due bicchieri blu dal gambero.
Ma non si parlava di lieviti chimici?
Ageno, vino dai forti contrasti
Ciò che si coglie quando si parla con Elena Pantaleoni e Giulio Armani, è la loro curiosità e la voglia di scoprire, attraverso il loro paziente lavoro di attesa, cosa di nuovo e diverso si può tirar fuori da un territorio non facile e dall'uvaggio di vitigni decisamente diversi per caratteristiche varietali e potenzialità aromatiche come la malvasia e l'ortrugo. La vinificazione di Ageno, analoga a quella praticata con i rossi, prevede lunghe macerazioni sulle bucce (circa 30 giorni), utilizzo dei soli lieviti indigeni dell'uva - è escluso, quindi, l'utilizzo di lieviti selezionati - e la totale assenza di anidride solforosa. Il vino poi riposa per circa 12 mesi in acciaio e, per metà, in barrique usate.
Ciò che mi fa piacere, è che Elena ha evitato di inserirsi - per forza - nel discorso biodinamico, tanto che in modo più sobrio, ama definire Ageno il suo vino da agricoltura "naturale".