ohara ha scrittoSempre più spesso noto che il vino bianco piace se "complesso", se "strutturato", insomma se si allontana da quella che credo a buona ragione possiamo definire una tipicità storica gustativa italiana fatta di acidità e freschezza, il vino bianco "beverino", appunto.
Oggi è indubbia credo la prevalenza di una ricerca di gusto più complesso che è stata innescata dalla crescente fama di Chardonnay di gusto francese, stile Borgogna, con la conseguente famigerata, e per certi versi anche utile, invasione del vitigno su menzionato e della barrique.
Però, però. Leggo Soldati, "Vino al vino", splendido percorso gastro-enologico in un'Italia ancora non ossessionata dalla moda del cibo e vino come status symbol, e leggo di vini e tradizioni e culture che forse si stanno perdendo o si sono già perse.
E ancora. Penso a, e bevo, splendidi vini di cantine sociali pugliesi, di produzioni di qualità campane, di nicchie autoctone liguri, e mi domando quanto facciamo per preservare produzioni, e gusti, che sono "nostri", e sui quali converge buona parte della nostra cultura gastronomica.
Tema interessante e a dir poco articolato il tuo..
Le riflessioni che scatena sono complesse e richiederebbero una competenza ben oltre la mia miserrima passione. Però, dato che almeno quella c'è, devo dire che nella mia testa esiste una trasversalità concettuale legata al vino che tende ad eliminare tutto quello che sta nel mezzo. In medio, nel mio caso, non ci stat la virtus ma tutto quel vino che, seguendo mode e omologazione dei gusti, ha perso una precisa identità. E qui secondo me le tue osservazioni stanno benissimo: da una parte la struttura, la complessità e talvolta anche la meditazione, dall'altra la fragranza, i profumi lievi, il disimpegno e se vuoi anche qualche piccolo difetto che contraddistingue quelle bottiglie che non ti inducono alla riverenza quando le stappi.
Da quel che leggo in giro la tendenza a rivalutare i territori e le produzioni autoctone è in fase di decollo; a me, inevitabilmente, viene da pensare al prosecco delle colline che adoro (da Conegliano a Valdobbiadene, la strada del vino bianco) o a quelle che mi hanno adottato (i Colli bolognesi e il loro pignoletto).
Produzioni spesso (ma non sempre) di massa: la questione è distinguere i prodotti di massa buoni da quelli, purtoppo tanti, insulsi e al limite della decenza.
Questa potrebbe essere una sede per iniziare a recuperare - scambiando qualche opinione - qualcuno di questi vini beverini senza blasone ma non per questo meno gratificanti..